Per non cedere alla “sindrome di Fermor”

Oscar Wilde traccia un personaggio particolarissimo, nel suo Dorian Gray, in appena un paio di pagine. Si tratta di Lord George Fermor, zio del ben più presente Lord Henry Wotton, del quale accenna, curiosamente, anche alle sue idee politiche. Di queste scrive: «In politics he was a Tory, except when the Tories were in office, during which period he roundly abused them for being a pack of Radical» (O. Wilde, The picture of Dorian Gray, chapter 3).

Categoria nota, quella dei “Fermor”, ma più che ai conservatori, spesso applicabile a riformisti e progressisti. Ora però il tema che si pone è di natura diversa. Per le sfide politiche che si hanno davanti, e per gli uomini e le idee con cui tocca confrontarsi, in non pochi hanno parlato di ritorno del fascismo quale avversario. Bene: allora serve un CLN. E una cosa così, la costruisci senza fare l’analisi del sangue a tutti i possibili alleati, per cercare (e facilmente trovare) motivi di esclusione reciproca. In questo modo, quelli vincono. E se diciamo che sono fascisti, non possiamo andare in contro a questa eventualità come se nulla fosse.

Anche perché, di cosiddetti scheletri nell’armadio ne hanno tutti: chi ha votato il jobs act, quelli che han sostenuto i “decreti sicurezza”, quanti fino a ieri proprio da quella parte da cui giunge il pericolo più nero guardavano con interesse e intenzione. Il punto è che cosa facciamo oggi per il domani. Ed è un punto non evitabile attraverso formule di rito, discussioni infinite, puntualizzazione delle innumerevoli differenze e diversità.

Salvo scoprire poi che è troppo tardi per evitare il peggio.

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