E se fosse il confronto a spaventare?

«E che vuo’ fa’? Domani è la vigilia, oggi ci dobbiamo mantenere leggeri, perché poi vengono tutti questi giorni di festa, si deve mangiare assai. Conce’, fai nu poco di brodo vegetale, che tu lo fai così bene, con tutte quelle verdure, la radica gialla, o’ sedan, la cipolla; ché a me m’ piac’. Eh, un poco di brodo vegetale, e c’ min trecento grammi ‘e tubett», dice Luca Cupiello a Concetta. «A me, i tubetti non mi piacciono», s’intromette il figlio Tommasino. «Tu te ne devi andare. Abbiamo deciso che te ne devi andare? Sono tubetti che non ti riguardano», lo zittisce immediatamente il padre.

​Ora, anch’io, me ne sono andato, e quindi, per citare la commedia di Eduardo, quello che accade nel Pd non sono più tubetti che mi riguardino, e in questo post non parlerò delle scelte politiche di quel partito. L’elezione a segretaria di Elly Schlein, comunque la si voglia leggere, è però una ventata di novità e in questo momento, a quel partito e a tutto lo schieramento che, non giriamoci intorno, a esso guarda e dalle sue azioni in un certo senso dipende, non può che fare bene. A mio giudizio, il titolo è buono; vedremo lo svolgimento. Detto questo, molti commenti che ho ascoltato e letto mi hanno lasciato l’amaro in bocca, quando non addirittura un vero senso di disgusto. Parlo di quelli orribili e odiosi, come sempre sono i toni antisemiti e razzisti, legati alle origini della sua famiglia. Parlo di quelli sui suoi orientamenti sessuali, che non capisco perché dovrebbero riguardare il pubblico, che qui si dimostra sempre troppo omofobo, con ancor più cattiveria quando l’oggetto del loro sguardo è femminile. Ma parlo anche di tutto il resto. Che sia italiana, americana e svizzera, sembra dare fastidio. Che parli come lingua madre più di un idioma, pare non essere tollerato. Che abbia studiato e vissuto di e per quello che ha appreso, assomiglia a una colpa, nelle parole che molti usano per descriverla. Quasi che fosse il semplice confronto, tra il proprio essere e saper fare o dire e la sua figura, il problema, la radice di una paura che, in quei commenti, si esorcizza, puntando a colpire basso là dove non si sa ragionare alto.

Insomma, io me li figuro, tutti gli spaventati da una come Elly Schlein: lei arriva qui, a trent’anni e poco più, dopo aver girato il mondo, mentre loro diventano ansiosi anche solo all’idea di doversi spostare fuori provincia, se non per un viaggio tutt’organizzato, parla correttamente due o tre lingue, quando già ricordarsi dove va l’accento o a cosa serva il congiuntivo nella loro li affanna, ha studiato e continua a farlo, e loro non leggono nemmeno un libro all’anno. Vien quasi giù un velo di tristezza.

Poi, certo, a chiederglielo, ti diranno che non condividono nulla della sua visione politica, se son di destra, o che non sono quelli di cui parla i temi importanti, se si dicono di sinistra. E i temi a cui alludono questi ultimi sono quelli dell’emigrazione, dei diritti civili, dell’ambiente, quasi che non fosse importante, per la sinistra, parlare di chi è davvero all’ultimo gradino della scala di ogni società, di quanti vedono per loro negata la realizzazione dei principi che poniamo a fondamento delle nostre civiltà, di quale mondo, e in che stato, lasceremo a chi dopo di noi verrà. Ma Elly Schlein non parla solo di questo: ha parlato di giustizia sociale, di lavoro, di salario minimo, di lotta al precariato, di redistribuzione della ricchezza, di tassare i grandi patrimoni, di immettere nel mercato delle locazioni a canone calmierato parte del patrimonio sfitto e di tante altre cose che, gli stessi suoi critici, non esiterebbero a definire «di sinistra tradizionale».

Su questi argomenti, però, non l’han sentita. Perché non vogliono ascoltarla. Perché a loro basta cercare di colpirla e incasellarla con giudizi immediati e in un certo senso, per chi li esprime, rassicuranti. Perché è precisamente il confronto con chi differisce dai loro standard a spaventarli, a incuter loro paura, per cercare di comprenderlo, di doversi mettere in discussione e magari cambiare qualche punto di vista. O peggio, scoprire quel “diverso” migliore del proprio “normale”.

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