Quasi come al bar, appunto

Mi capita sempre più spesso di imbattermi nella lettura di scambi di battute nelle quali un interlocutore o entrambi portano a sostegno della propria tesi le personali qualità e attestazioni di spessore culturale. E in linea di massima un senso ce l’ha: aver conseguito una laurea, una specializzazione, un riconoscimento importante in una determinata materia è, nei fatti, la dimostrazione che, su quegli stessi argomenti, se ne sa parecchio e bene. Il problema è quando queste vanterie accademiche (mi scuso per la definizione sommaria, ma un’altra non mi veniva) vengono esercitate in luoghi che, delle stesse, fanno a meno e dove chi li frequenta, di esse, diffusamente se ne infischia; come ad esempio le tante piazze virtuali che popolano l’internet.

Ora, io odio puntualizzare l’ovvio, ma se frequenti i social con la sicumera di chi vuole spiegare tutto agli altri dall’alto del suo prezioso (in tutti i sensi) PhD, e contemporaneamente ti lamenti di dover discutere con specializzati in Wikipedia e laureati su Facebook, credo che sia tu ad aver sbagliato posto. È un social, appunto, non Science, Nature o Lancet. E se ti lagni di doverti confrontare con le “chiacchiere da bar” commetti un altro un errore. Perché non so quale bar tu abbia frequentato e frequenti, ma in quelli in cui andavo io non è che potevi metterti a discettare degli influssi della fenomenologia hegeliana nei primi momenti della formazione del pensiero di Heidegger o sugli ultimi sviluppi degli studi sulla meccanica quantistica, senza, nella migliore delle ipotesi, suscitare sbadigli distratti. In quei luoghi, al massimo, si discuteva di politica e di sport, e, anche su quei temi, con competenza scientifica da bar, ovviamente.

E non sto parlando solo di quegli scienziati che, divenuti famosi nelle trasmissioni serali delle domeniche senza calcio, sognano magari approdi applauditi dalle folle in qualche sorta di Grande Fratello V.I.P. (dove l’acronimo inglese sta, chiaramente, per very informated people); parlo anche, se non soprattutto, di casi più normali e meno gonfiati dalla fama dei protagonisti. Avere una laurea o una specializzazione in una qualsiasi disciplina, certamente, rende più titolati a esprimere un’opinione; ma questo, di per sé, non serve a nulla nel farla valere di più in contesti dove non si misura in titoli universitari e pubblicazioni l’importanza e lo spessore di una tesi, quanto piuttosto nel numero di like e condivisioni che ottiene. E questi, su quei mezzi, che li esprima Chiocciolina96, Wolverine73 o il vero Immanuel Kant redivivo, valgono allo stesso modo. Come ciò che si esprime nelle urne, peraltro. Ma questa è un’altra storia.

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