La campagna elettorale permanente più pericolosa

«Ho costruito un sistema nucleare… un’arma che nessuno ha mai avuto prima in questo Paese. Abbiamo qualcosa che non si è mai visto e sentito. Abbiamo qualcosa di cui Putin e Xi non hanno mai saputo. Non c’è nessuno… quello che abbiamo è incredibile». Devo ammettere che quando ho letto, nelle anticipazioni del libro di Bob Woodward (Rage, Simon & Schuster, 2020), quelle dichiarazioni del presidente statunitense, non ho potuto fare a meno di pensare all’immagine del maggiore T.J. Kong, che nel Dr. Strangelove di Kubrik, in un perfetto cowboy style che molto si addirebbe pure all’attuale inquilino della Casa Bianca, cavalca la bomba all’indietro mentre precipita con essa verso la terra.   

Poi, ridendo meno, mi è venuta in mente una foto: quella scattata da Joe O’ Donnell nel 1945 a Nagasaki, che riprende due fratellini, di cui il più grande impietrito e con il piccolo legato sulle spalle, ormai senza vita, mentre attende il turno per affidarlo agli uomini che ne cremeranno il corpo (e non posso spiegare quanto quel piccolo volto come addormentato mi strazi il cuore nel guardarlo). Il fatto è che Trump è davvero spregiudicato, pericoloso nel suo essere senza freni, per ambizione ed egoismo, e il discorso inviato all’assemblea delle Nazioni Unite l’altro giorno ne è la conferma: non gli interessa provare quello che dice, non gli importa sapere se è vero. A lui basta dirlo, nell’intento di compattare i suoi e lucrare consensi per la sua, personale, vittoria. Come tutti i bambini viziati, è presuntuoso e arrogante. Non accetterebbe di perdere non perché ciò significherebbe la fine del suo progetto politico (comunque disastroso), ma perché non sarebbe vincente, come sempre immagina di essere.

Non è nemmeno guerrafondaio nel senso pieno del termine, e non so nemmeno se sia «sociopatico», come lo ha descritto Mary L. Trump, psicologa e nipote del presidente, nel suo libro (Too Much and Never Enough: How My Family Created the World’s Most Dangerous Man, Simon & Schuster, 2020). Ma vuole vincere a tutti i costi, vuole essere sempre al centro della scena, avere il potere per il piacere di essere il primo, più che per esercitarlo per realizzare le sue idee.

Ed è un comportamento rischioso, se incontra una nazione che vi si riconosce.

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