«Se le strade cambiassero di nome…»

«Sian stati i libri o il mio provincialismo», di Berlino mi sono innamorato al primo sguardo. Poi ho letto delle proteste a Kreuzberg contro l’apertura di una sede e di un campus da parte di Google, per il timore degli effetti della gentrificazione, l’aumento del prezzo delle abitazioni con conseguente difficoltà di accesso alla casa per le fasce meno abbienti della popolazione. Nei giorni scorsi, ancora, ho saputo di un movimento partito da Friedrichshain e che ha portato all’avvio di una raccolta firme per un referendum che mira a poter espropriare i gruppi immobiliari con più di tremila appartamenti.

E siccome il primo cartello di quelle proteste, con su scritto «Faire Mieten für Alle», affitto equo per tutti, è apparso sulla Karl-Marx-Allee, il sorriso e il ricordo della canzone di Paolo Pietrangeli sono venuti spontanei e immediati. Così come la conferma del sentimento per gli abitanti di quella città. Ma quello che segnalano i berlinesi è anche un indicatore di quanto sta succedendo un po’ in tutto l’Abendland, che se non è al tramonto, di certo non si può dire che corra verso la sua aurora. Ancor di più, questi e altri movimenti e manifestazioni parlano a quella che un tempo si definiva la parte popolare della politica. Cosa fa la sinistra, cosa facciamo tutti noi, qui, da questa parte del mondo, per rispondere a quelle esigenze e a quelle emergenze? Temo poco, se non quasi nulla.

I populisti ringhiano di rabbia verso gli ultimi, puntando, e in molti casi riuscendo, a intercettare così i consensi dei penultimi. Ma lì dove la lotta sociale, spontaneamente, individua il potere economico del capitale quale limite alla piena realizzazione delle aspettative e al soddisfacimento dei bisogni delle popolazioni, la sinistra istituzionale è lenta e non pare nemmeno in grado di rispondere, tantomeno agire, adeguatamente.

Non so come, ma vorrei si cambiasse nome alle strade politiche che percorriamo.

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