Belle piazze. Per il resto, temo sia presto

Piazze piene, non c’è che dire. Urne non vuote, se si pensa che l’onnipresente Salvini e il suo partito hanno raccolto, alle ultime consultazioni elettorali politiche e al di là dei sondaggi, meno del solo Pd. Eppure, il fu centro sinistra appare ancora smarrito. I toni a tratti trionfalistici di certa stampa non mi convincono, anche perché, insomma, la notizia della morte della sinistra in Italia, per parafrasare Mark Twain, è sempre stata «grossolanamente esagerata». L’entusiasmo di esponenti e militanti, invece, lo capisco, per quanto non lo sento giustificato dallo stato delle cose.

Il fatto (dal mio punto di vista limitato e personale, s’intende) è che mancano le ragioni per poter pensare davvero a una ripartenza da sinistra in questo Paese. Ne accennavo prima: il Pd, in fin dei conti, alle scorse elezioni ha preso più voti della Lega. Ma mentre gli ex secessionisti reinventatisi nazionalisti dettano oggi l’agenda politica, esprimendo addirittura l’egemonia nel discorso pubblico, gli altri, quelli fino a ieri al governo di tutto il governabile, al massimo inseguono, dissentono, spiegano che se i risultati ci sono, persino in quei temi eletti a core business dai rivali, è merito loro, legittimandone di conseguenza le scelte perseguite. Quel che non si vede e non si capisce – limite mio, ovviamente – è l’orizzonte ideologico in cui inserire i pensieri, le parole e le azioni del far politica a sinistra. Mancando questo, o semplicemente non essendo chiaramente definito e univocamente determinabile, il resto è demandato all’estemporaneità delle scelte. E può non bastare.

Chiaramente, a sbagliare sono io. Però temo che la grande soddisfazione per il risultato delle due manifestazioni di domenica scorsa, una più istituzionalmente politica, l’altra maggiormente di movimento, rischiano di essere potenziali bacini di delusione. Se non altro perché c’è la forte e fondata probabilità che l’illusione prospettica con la quale si guarda a quelle piazze contrapponendole ai balconi degli altri non racconti il vero d’un possibile progresso vicino, quanto nasconda col suo velo la realtà d’una profonda incomprensione che viene da lontano.

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