Cuperlo, la tv noiosa e la gentilezza del non voler vedere

Solitamente, la politica d’estate è noiosa. Quasi, quasi, era meglio quando, ad agosto, proprio non se ne parlava, proprio non si sentivano parlare i politici, assenti dai giornali, latitanti negli studi televisivi. Orma, invece, si rischia di doverli ascoltare anche quando non hanno nulla da dire. Con le dovute eccezioni, la dittatura dell’ineluttabilità dell’onnipresenza mediatica porta alla ribalta quotidiana personaggi che annoiano ancor più del caldo che non pare voler mollare.

Una di queste eccezioni è quel galantuomo di Gianni Cuperlo. Così, l’altro giorno, quando l’ho visto su La7 ho resistito al sirenico richiamo del telecomando e l’ho ascoltato. E ho fatto bene. Fra le cose giuste che ha detto e le osservazioni profonde che non ha mancato di portare alla discussione, è riuscito a stupirmi. A un certo punto, infatti, il mite e preciso triestino, interloquendo con gli altri ospiti della trasmissione e parlando evidentemente pure del personale politico del suo partito, ha detto (dal dodicesimo minuto a poco oltre il tredicesimo del video linkato): «Ha ragione Belpietro a dire che la politica è anche una questione di posti e ha ragione Cacciari a ricordare che quando ho cominciato io a far politica, se chiedevi a cento dirigenti di media levatura del Pci se volevano fare i segretari della loro regione o andare in Parlamento, novantacinque dicevano “voglio far il segretario”, perché c’era più prestigio. La cosa che dice Belpietro è giusta, ed è legata al fatto che, purtroppo, ahinoi, la politica, intesa come l’accesso alle cariche elettive, alla rappresentanza nelle istituzioni, in un Paese sostanzialmente fermo da anni, è divenuto uno dei residui elementi di mobilità sociale. Prendete un ragazzo di trent’anni che va avanti a contratti precari o che ha fatto magari un dottorato, fategli fare le “primariette”, “Viva i giovani! La gioventù è bella! La gioventù cambia tutto!”: in un mese, due mesi, transita da un contratto precario allo stipendio da parlamentare. È una scommessa che vale una vita per tanti. Se la politica si riduce a questo, abbiamo finito».

Ecco, io non lo so se Cuperlo avesse in testa qualcuno o se a voi o a me possano venire in mente figure che corrispondano a quel profilo; il fatto è che potrebbero esserci, ed essere molte. Allora ti viene il dubbio che, per quanto lui chiuda con la speranza che così ancora non sia, perché la sua gentilezza è tale da spingerlo, per dirla con Joseph Roth, a preferire un difetto d’udito piuttosto che ammettere di avere sentito rumori molesti, quella realtà sia già l’unica esistente. E ti scopri a chiederti per quale dannato motivo dovresti alzarti la mattina, rinunciare a migliori occupazioni per il tuo tempo, recarti in un seggio o in una sede di partito e aiutare una persona che probabilmente nemmeno conosci davvero a superare il concorso più importante della sua carriera, a dare una svolta alla sua situazione lavorativa, a crescere economicamente sapendo che poi la politica, come tu la intendi, non sarà un elemento del suo agire quotidiano.

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1 risposta a Cuperlo, la tv noiosa e la gentilezza del non voler vedere

  1. Italiote scrive:

    A me sembra che un’abile regia faccia conoscere alcuni politici più di altri e che la personalizzazione della politica possa essere tutta sintetizzata in un gioco di inquadrature e di interviste.

    La natura “intermediata” dell’informazione rende possibile la manipolazione dell’orizzonte politico dei cittadini e nel sospettare “autocensure” giornalistiche di cui non potremmo mai essere consapevoli potremmo anche considerare l’efficacia dell’informazione come “agenzia interinale” (qualche giornalista non conosce i nomi dei segretari regionali: ma non mi dite -che coincidenza- neanch’io!).

    L’astensione non è un problema per chi fa della politica una questione di carriera: Anche col 98% di astensione degli aventi diritto di voto il totale delle percentuali degli eletti sarà sempre del 100%.

    Adoro la frammentazione e l’assenza di soglie di sbarramento perché sono essenziali per quel ricambio che elude coloro che hanno vocazione maggioritaria (e tendenze oligopolistiche) in quanto il voto legittimante sostituisce primariette ancora più scarsamente partecipate.

    Il parlamentarismo è una “democrazia deliberativa” e la qualità della deliberazione dipende anche dalle salvaguardie contro il “governabilismo” del groupthink.

    »ideal deliberation aims to arrive at a rationally motivated consensus – to find reasons that are persuasive to all who are committed to acting on the results of a free and reasoned assessment of alternatives by equals« Joshua cohen (Deliberation and Democratic Legitimacy)

    Le elezioni sarebbero un modo per selezionare i contenuti che dovrebbero essere collegialmente vagliati senza pregiudizi ed in assenza di mandato imperativo ma si fa di tutto per ottenere l’opposto.

    Cui prodest?

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