“Webete” è l’ultimo nome dato alla rassicurante categoria per cui la superbia dei dotti vorrebbe dare ordine al mondo che, in forme inaudite, non ne rispetta più l’autorità, fino al punto, che roba, professore, di sfidarne il pensiero e metterne in discussione le parole. L’ha forgiata il direttore Mentana, impegnato in una plurima tenzone a mezzo social, stanco dell’ardire incivile di chi osava non capire ciò che, per lui, era chiarissimo.
Dismettendo i toni della celia, personalmente, nello scontro e sull’argomento del contendere, fra il giornalista e l’internauta davo ragione al primo. Quello che mi chiedo, però, è se davvero la strada dell’altezzosità sanzionatoria sia quella giusta da percorrere. Insomma, se io sostengo una tesi e chi mi legge non capisce ciò che voglio dire, né ha contezza reale dei fatti nel loro essere, posso scrollare le spalle dandogli semplicemente dell’idiota? O meglio, io potrei pure farlo, non avendo ruoli educativi, informativi e dirigenziali d’alcun genere, ma chi è chiamato per mestiere a quel compito, che sia uomo dei media, professore o politico, può fare altrettanto? E dove conduce questo modo di agire?
Tempo fa, un’uscita non diversa l’ebbe il compianto Umberto Eco, il quale, in occasione del discorso per la laurea honoris causa conferitagli dall’Università di Torino, disse: «I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli». Può essere che avesse ragione, ma lui, rappresentante della cultura, che ha fatto per evitarlo e cosa faceva nel momento in cui così parlava? Secondo me, in quell’attimo, ribadiva il senso dell’incomunicabilità e della non componibilità della frattura fra l’universo luminoso di «quelli che hanno letto un milione di libri» e le ridotte oscure di «quelli che non sanno nemmeno parlare»; altro che la gente che fa la storia.
Anche se mossi dalle migliori intenzioni (e non lo credo), quanti parlano e scrivono in quel modo sono protagonisti attivi della permanenza di questo stato rancoroso dei rapporti fra gli uomini, particolarmente di quelli fra i più e i meno colti. Dove credete che potrà condurre una simile condizione? E chi potrà mai dirsi assolto, soprattutto fra coloro che hanno maggiori responsabilità? Soprattutto, cosa intendono fare i dotti, continuare a stigmatizzare gli ignoranti, quelli che non han fatto le scuole adeguate e letto i testi giusti, o spiegare come si cambia una situazione che, a parer loro più di altri, è preoccupante?
Se invece volessero continuare a dividere il mondo fra quelli che han studiato e chi non legge mai un libro, allora la loro linea separerà ancora le genti in un alto e in un basso. E non so cosa farete voi né dove pensereste mai di porre uno come; so di certo che, per come sono fatto e per la schiatta da cui discendo, nemmeno il quel quadro accetterei di stare in un ipotetico e presuntuoso “sopra”.
Carissimo Rocco Olita,
da credente realista e riformista, mi son chiesto a che titolo i vescovi sostengono la Sindaca Raggi?
A mio avviso non basta un loro diamole tempo!
Forse il loro appoggio e’ dovuto al seguito del famoso incontro tra Papa Francesco e la Raggi?
Ma se Papa Francesco qualche giorno fa si era rivolto ai vescovi dicendo loro una sacrosanta cosa buona e giusta e cioe’: i vescovi siano testimoni e non manager!
Ma , Papa Franceso , Renzi , Mattarella, sono tre ideologie identitarie morfologiche diverse ( per il bene comune ) o no ( nella realta’ dei dati difatto)?
Perche’ e come mai!
Se Papa Francesco rappresenta il 90% di gradimento e dai media viene considerato un riformatore di sinistra e se il Presidente della Repubblica Mattarella rappresenta il 60% di gradimento e dai media viene considerato un democratico con il buon senso verso sinistra e il vecchio centrosinistra perde voti su voti, astensionismo su astensionismo, qualche domanda da farsi viene spontanea , o no?
Ciao, Fabrizio