Come dargli torto?

“Sai”, mi scrive in chat un amico con cui  ormai comunico  esclusivamente così, “ieri avevo il pomeriggio libero e volevo uscire a comprare qualche regalo per Natale. Due soldi li ho, non lo nego, eppure, alla fine ho rinunciato”. “Perché?”. “Beh, hai sentito Boeri, e Poletti: avremo, se ci va bene, una pensione da fame quando saremo fin troppo vecchi per riposarci, e la sola possibilità che abbiamo è trovare il modo di versare più contributi o farsi una pensione integrativa. Io non posso farcela; l’unica mia soluzione è spendere il meno possibile, ritirarmi, contrarmi prim’ancora che decrescere”. “Hai paura?”. “Tu non ne avresti? Ho quasi quarant’anni, un lavoro precario e uno stipendio non certo da nababbo. Ogni giorno mi spiegano che sarà così sempre e di più, che da vecchio potrei dovermi pagare anche le spese mediche che qualcuno giudicherà non necessarie, pure se non potrò farne a meno: non dovrei temere e prepararmi? Proprio perché so che domani arriverà, oggi non posso far altro che provare a difendermi”. “Già, come darti torto?”.

Dice il direttore del dipartimento per il lavoro dell’Ocse Stefano Scarpetta: “Se oggi avessi 35 anni sarei preoccupato per il mio futuro pensionistico”. Una preoccupazione che non nasconde il presidente dell’Inps e che il ministro del lavoro certifica, dicendo che, allo stato dei fatti, non ci sono alternative al di fuori del sistema contributivo che condannerà i trenta/quarantenni attuali a una pensione molto inferiore a quella che percepisce la generazione dei padri, rimandata a un’età in cui si potrebbe essere troppo in là con gli anni per godersela (se si esclude quella di avvalersi di strumenti finanziari integrativi, che però solo i lavoratori più fortunati e ricchi possono permettersene di sufficienti a garantire un assegno sostanzioso in vecchiaia). E se sono preoccupati loro, quelli che trenta/quarant’anni li hanno davvero, e probabilmente guadagnano all’anno ciò che essi prendono in un mese, dovrebbero forse star tranquilli?

Potete cercarla dove volete la vostra spiegazione per la mancanza di fiducia di molti, per il non accodarsi all’entusiasmo obbligatorio in salsa “leopoldesca”; per me, ha ragione il mio amico. Lui ha paura, e io con lui. Per questo in tanti cercano di spendere nulla di più di quanto sia strettamente necessario, per questo gli unici lussi che si concedono sono quelli che costano poco più che niente, per questo, chi può, prova a mettere da parte tutto ciò che riesce. Perché il liberismo precarizzante e competitivo ci minaccia ogni giorno che passa.

Solo se vivessimo come se non ci fosse un domani potremmo dar retta a quelli che parlano di “ottimismo”. Ma siccome sappiamo che quel giorno arriverà, e ce lo dicono loro stessi, allora è meglio prepararsi. Ognuno come può, ciascuno come riesce, dato che persino la possibilità di un cammino comune di rivendicazione e lotta è stata definitivamente soffocata nella melassa asfissiante della società concorrenziale.

Non è una posa radical chic, è una pratica di sopravvivenza.

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1 risposta a Come dargli torto?

  1. alberto barbero scrive:

    Come insegnante ho lo stipendio bloccato da 6 anni. Diversi commercianti del mio quartiere, da cui non vado più a comprare perché come molti altri non posso più permettermelo, che hanno sempre inneggiato alle politiche contro gli statali, sento che sono ormai a rischio di chiusura. Ma davvero credevano di migliorare il proprio reddito impoverendo una così larga fetta di popolazione?

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