Ieri ne è morto un altro

All’Ilva di Taranto hanno contato un altro morto. Cosimo Martucci, si chiamava, aveva 49 anni ed era di Massafra. A giugno, in questa cruenta contabilità, avevamo dovuto segnare il nome di Alessandro Monicella, 35 anni, di Martina Franca, bruciato vivo, e deceduto dopo quattro giorni d’agonia, dalla ghisa fusa e dal vapore dell’altoforno 2 dello stabilimento. A settembre, è stata la volta di Angelo Iodice, 54 anni, di Caserta, responsabile per la sicurezza dei una ditta appaltatrice investito da un mezzo in manovra.

Anche Cosimo era dipendente di un appaltatore dell’Ilva, la ditta Pitrelli. E pure lui è morto schiacciato, da un grosso tubo, mentre lavorava all’interno della fabbrica, nell’area dell’impianto di “agglomerazione”, uno di quei mostri fumanti che terrorizzano la città con i loro sbuffi. E prendono nelle fauci quelli che ci lavorano. Ma voi, di tutto questo, non siete stanchi, non ne avete abbastanza?

Di vedere gente cadere per il lavoro e di sentire quelli che ti spiegano che l’impresa e i lavoratori stanno dalla stessa parte; sono i secondi che muoiono per la prima, perché il contrario non l’ho mai visto. E di ascoltare quelli che ti raccontano che “gli operai non esistono più, solo nei retaggi antichi dei discorsi di voi di sinistra riappaiono”, però non ci spiegano chi diavolo sono quelli che stiamo piangendo.

Infine, di subire o assistere al ricatto quotidiano che ti costringe a dover scegliere fra un lavoro che se non uccide te avvelena i tuoi cari e la tua terra, o dover lasciare loro e lei per cercartene un altro di lavoro. Che è comunque un po’ morire.

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