“Si tratta di un patto con gli italiani: se le riforme vanno avanti, saremo in condizione di abbassare le tasse di 50 miliardi in cinque anni”. Così ieri Renzi al Tg2, in una lunga intervista in cui ha parlato, e molto, di quello che vuole fare e di quanto, secondo lui, è già stato fatto dal governo che presiede. Oddio, le interviste prevederebbero pure delle domande, ma oggi qui siamo.
Se vi sembra che il “patto con gli italiani” sia qualcosa di già sentito, posso rassicurarvi: non è un’impressione. Manca qualche dettaglio, certo, ma nella sostanza è molto simile a quel “contratto” proposto da Berlusconi qualche anno fa. E anche se, mentre allora si chiedeva esplicitamente il voto, qui non si capisce cosa dovrebbero fare i cittadini per adempiere al loro ruolo pattuente (plaudire al “grande riformatore”? Prendere le distanze dai gufi rosiconi della “tribù dei musi lunghi”? Non protestare e attendere in silenzio il premio fiscale?), per rendere maggiormente simile il remake, o la cover, se preferite, di quello sottoscritto allora, anche il mezzo scelto è lo steso e non dissimile è la scena allestita, con il leader dell’epoca in cui i telefoni non vanno più a gettoni dietro una scrivania e una telecamera per entrare nelle case dei telespettatori. Come quando si usavano le schede della Sip, insomma.
Certo, non è in una serata dedicata da sempre ai temi della politica, ma all’ora di pranzo di una delle domeniche più calde dell’anno, col rischio di trovare le case vuote o i telespettatori poco attenti, vinti dall’afa, ma tant’è: il modo non è nuovo, e riciclati sono anche slogan e proposte.
Un po’ come i politici. Ha un dubbio addirittura la renzianissima rinnovata Unità, che ieri pubblicava in prima una vignetta di Staino in cui la figlia chiede a Bobo se non siamo misure e toni berlusconiani quelli sentiti da Renzi sulle tasse e la casa, e lui, pragmatico (e immaginiamo forse pure intristito) risponde: “Sono di chi se li prende. Come Verdini”.