Bravo Monti, e dopo?

Per una volta sono d’accordo con Monti. “Esercizi profondi di concertazione in passato”, ha dichiarato di recente il nostro Presidente del Consiglio, “hanno generato i mali contro cui combattiamo e a causa dei quali i nostri figli e nipoti non trovano facilmente lavoro”. Bravo, bene, bis. Basta con questo trattativismo, basta con questa concertazione, basta con questo compromesso sociale e questa pace borghese. O no?

Forse non intendeva questo, il nostro professore-della-Bocconi-fino-a-ieri-pagato-dalle-banche-da-un-po’-anche-da-noi. Forse, il nostro, si riferiva ad un’idea particolare di visione dei rapporti fra le parti, delle relazioni sociali. Una visione nella quale da una parte c’è l’impresario modello Marchionne, dall’altra migliaia di Cipputi isolati e disorganizzati e disposti a tutto e che già devono ringraziare il cielo che un lavoro ce l’hanno; vorranno mica anche soldi e diritti?

Non capisco perché in questa visione comune a tanti (anche in ambienti sedicenti “riformisti”), tutti dovrebbero essere disposti ad eseguire in buon ordine i comandi impartiti dal sistema. Cioè, non capisco perché, da un lato si vorrebbe la totale rassegnazione e disponibilità al sacrificio, mentre dall’altro è impensabile anche il solo ragionare su possibili minime diminuzioni di benessere.

Ora l’attacco sembra volgersi alle organizzazioni organizzate dei lavoratori, viste dal lato di Monti. Ma discorsi simili sono stati riferiti alle organizzazioni politiche ed alle istituzioni rappresentative. Il lietmotiv in tutti questi ragionamenti è più o meno il seguente: le organizzazioni di rappresentanza esercitando il loro lavoro di mediazione, tendono ad allungare i tempi delle decisioni, quando non ad impedirle del tutto; esse sono spesso popolate da una variegata fauna di boiardi e nullafacenti (ed in ciò spesso la cronaca si impegna a dar ragioni ai sostenitori di simili tesi) che, nel continuo lavorio di rimando trovano la loro ragion d’essere e le loro fonti di sostentamento; siccome la necessità dei tempi moderni è agire ed agire velocemente, tanto vale farle fuori del tutto; inoltre, esse al massimo tutelano gli ultimi, sostengono i sostenitori, quindi, che s’arrangino questi da soli.

Il difetto più grosso di tutta questa teoria, a mio giudizio, risiede proprio nell’ultimo passaggio del ragionamento, in quella conclusione, quasi perifrasi, che vede nel lavoro delle organizzazioni sindacali innanzitutto un meccanismo di tutela esclusivamente rivolto ai lavoratori. È innegabile che il sindacato tenti la tutela del lavoratore, del debole nel processo produttivo. Da lì trae forza e giustificazione, verso loro si direziona principalmente. Ma non solo questi vengono tutelati dall’esistenza di tali camere di compensazione. Il sindacato rappresenta anche il cuscinetto tra le richieste dei lavoratori e l’impresa, tra le loro proteste ed il padrone. Come i partiti e le istituzioni democratiche svolgono un ruolo di cerniera e dialogo fra cittadini e potere. Senza lo stato di diritto, i partiti, le istituzioni, ogni protesta sfocerebbe in uno scontro diretto con i governanti. I partiti e le istituzioni evitano che si giunga subito alla lotta im-mediata, non mediata, evitano che dalla protesta “istituzionale” si passi (lasciatemi estremizzare) alla ghigliottina. Ecco perché i poteri illuminati difendono tali forme organizzative.

Similmente, i sindacati impediscono che le rivendicazioni dei singoli sfocino nel confronto senza alcuna mediazione con la proprietà. Qualche giorno fa leggevo i racconti di alcuni operai Fiat sulla nuova organizzazione di quel modello produttivo a Mirafiori. “Una volta”, narrava uno di loro, “ti rivolgevi al delegato. Ora, se protesti con il team leader (perché capo reparto non s’usa più, nda) rischi di rimetterci parecchio”. Ora che non c’è più il delegato. Quanto tempo passerà prima che qualche team leader trovi sotto casa ad aspettarlo un operaio che sente come ingiusta una punizione e che non ha nessuno a cui rivolgersi? Ovviamente, spero di sbagliarmi. Ma la forza che possono esprimere e rappresentare le organizzazioni dei lavoratori, disorganizzata e frammentata non può essere altro che violenza dell’individuo. È un caso che la società più individualista sia anche quella dove il ricorso alla vendetta privata e personale, anche contro il mondo intero ed indeterminato per i propri insuccessi, sia più usuale e violento?

Per questo motivo vorrei chiedere ai vari “Monti” che sostengono simili teorie: quando avremo smantellato tutte queste “sovrastrutture” che fanno perdere solo tempo, come eviteremo che frani l’intera società che anch’esse contribuiscono a reggere?

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2 risposte a Bravo Monti, e dopo?

  1. Fabrizio scrive:

    Per Chi e sul Come ?? Dove e per Quando ??

  2. Fabrizio scrive:

    Prima e Dopo??
    Galileo e la scrittura da destra verso sinistra , i nomi , i premier!?
    itnoM , maro’
    atteL , libia
    izneR , russia
    inolitenG, granbretagna e grecia

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