Una politica nuova, un Paese migliore

So che c’è un Paese migliore di quello che disegnano i programmi televisivi per anestetizzare le coscienze. So che la logica del proprio ombelico non è l’unica misura su cui tariamo i nostri rapporti. So che la paura dell’altro artatamente sfruttata da politici d’accatto non è la cifra dello stare al mondo dei miei connazionali.
So che lo sfruttamento senza limiti del nostro territorio e dei nostri beni comuni per l’arricchimento di pochi non è iscritto nel codice genetico degli italiani. So che siamo capaci di guardare in alto, di sognare un mondo migliore e più giusto e di lavorare perché ciò si avveri. Ma so anche che decenni di cinismo diffuso con copia dalle centrali a-cultrali gestite da pochi hanno addormentato in parte questi sentimenti.
E penso di sapere quale debba essere oggi il compito della politica, di quella di sinistra prima ancora che delle altre: risvegliare le coscienze, riportarle a considerare con il giusto senso le cose che accadono, rimetterle in sintonia con i cuori e ridar loro la capacità di sognare, di non arrendersi a desiderare quello che c’è ma di lottare per quello che ci potrebbe essere.
E’ possibile che la sinistra non solo abbia smarrito la forza dell’egemonia culturale, ma si sia messa al traino del pensiero della destra? E’ possibile che quel movimento nato per disegnare un avvenire migliore ed una società più giusta si sia perso nell’adulazione indefessa del libero mercato e degli attuali rapporti di forza? Possibile che a chi voleva cambiare il mondo ora basti cambiare l’auto con lo sconto?
Ci si è così tanto addormentati al sole artificiale di questo stato di cose che nemmeno più riusciamo a capire dove sta il vero ed il giusto. L’apertura liberista alla gestione privata dei beni pubblici ci sta portando alla privatizzazione dell’acqua, quasi fosse un bene scambiabile alla stregua di qualunque altro. Ed invece che rigettare al mittente la sola idea, anche a sinistra qualcuno tenta di ragionare sulla distinzione idiota e senza senso, trattandosi di bene in regime di monopolio, fra proprietà della risorsa e gestione del servizio. Servizio? Forse che da cittadini portatori di diritti, fra cui l’accesso ai beni primari, siamo diventati utenti abbonati alla vita? A quando allora la privatizzazione dell’aria?
Sogno una politica in grado di dire a tutti che alcuni diritti sono innegabili, e mi scontro con il maggior partito della sinistra in Italia che non sa nemmeno dire cosa vuole sui temi fondamentali.
Quando il Pd ci farà sapere se intende l’istruzione un diritto non barattabile per esigenze di cassa tese a far soldi e favorire, al contempo, l’istruzione privata a pagamento, o la vede solo come una voce di bilancio sottoposta a logiche ragionieristiche? E quando sapremo cosa ne pensa della sanità: pubblica o privata? Non è una questione archiviabile con un’alzata di spalle o con la protervia arrogante di alcuni politici “esperti” per antonomasia; esperti nel perdere, ovviamente, visti i risultati.
Ed ancora, quando ci dirà che idea ha della tutela del territorio? Quando sapremo che visione ha della produzione di energia? Nucleare si o no? Ogm si o no? C’è un’ idea più umana e razionale a proposito dei flussi migratori nel nostro Paese, o dobbiamo andare dietro alle bavose insensatezze leghiste perché ciò frutta due punti nei sondaggi? Od anche le vite di migliaia di disperati in fuga dalla miseria causata da una sfrenata economia liberista sono barattabili con il consenso elettorale e l’allargamento della coalizione?
Un Paese migliore deve essere costruito, e per farlo è necessaria una politica nuova. Una tensione anche pedagogica, in cui ognuno abbia la voglia di imparare e nessuno l’arroganza di pontificare. Una visione innovatrice e coraggiosa, che sappia spiegare che le cose non sono così per forza, che un mondo migliore si può costruire, che non si possono seguire gli istinti più bassi e retrivi solo perché ciò paga elettoralmente, che la politica non è l’arte di vincere le elezioni, ma il disegno, anche il sogno forse, che noi abbiamo della società in cui vogliamo vivere. Un valore che va oltre il tempo attuale, ma che da senso e prospettiva alle cose che facciamo, e per il quale, realmente, si possono chiedere sacrifici e adesioni.
So che c’è un Paese migliore di quello che disegnano i programmi televisivi per anestetizzare le coscienze. So che la logica del proprio ombelico non è l’unica misura su cui tariamo i nostri rapporti. So che la paura dell’altro artatamente sfruttata da politici d’accatto non è la cifra dello stare al mondo dei miei connazionali.
So che lo sfruttamento senza limiti del nostro territorio e dei nostri beni comuni per l’arricchimento di pochi non è iscritto nel codice genetico degli italiani. So che siamo capaci di guardare in alto, di sognare un mondo migliore e più giusto e di lavorare perché ciò si avveri. Ma so anche che decenni di cinismo diffuso con copia dalle centrali a-cultrali gestite da pochi hanno addormentato in parte questi sentimenti.
E penso di sapere quale debba essere oggi il compito della politica, di quella di sinistra prima ancora che delle altre: risvegliare le coscienze, riportarle a considerare con il giusto senso le cose che accadono, rimetterle in sintonia con i cuori e ridar loro la capacità di sognare, di non arrendersi a desiderare quello che c’è ma di lottare per quello che ci potrebbe essere.
E’ possibile che la sinistra non solo abbia smarrito la forza dell’egemonia culturale, ma si sia messa al traino del pensiero della destra? E’ possibile che quel movimento nato per disegnare un avvenire migliore ed una società più giusta si sia perso nell’adulazione indefessa del libero mercato e degli attuali rapporti di forza? Possibile che a chi voleva cambiare il mondo ora basti cambiare l’auto con lo sconto?
Ci si è così tanto addormentati al sole artificiale di questo stato di cose che nemmeno più riusciamo a capire dove sta il vero ed il giusto. L’apertura liberista alla gestione privata dei beni pubblici ci sta portando alla privatizzazione dell’acqua, quasi fosse un bene scambiabile alla stregua di qualunque altro. Ed invece che rigettare al mittente la sola idea, anche a sinistra qualcuno tenta di ragionare sulla distinzione idiota e senza senso, trattandosi di bene in regime di monopolio, fra proprietà della risorsa e gestione del servizio. Servizio? Forse che da cittadini portatori di diritti, fra cui l’accesso ai beni primari, siamo diventati utenti abbonati alla vita? A quando allora la privatizzazione dell’aria?
Sogno una politica in grado di dire a tutti che alcuni diritti sono innegabili, e mi scontro con il maggior partito della sinistra in Italia che non sa nemmeno dire cosa vuole sui temi fondamentali.
Quando il Pd ci farà sapere se intende l’istruzione un diritto non barattabile per esigenze di cassa tese a far soldi e favorire, al contempo, l’istruzione privata a pagamento, o la vede solo come una voce di bilancio sottoposta a logiche ragionieristiche? E quando sapremo cosa ne pensa della sanità: pubblica o privata? Non è una questione archiviabile con un’alzata di spalle o con la protervia arrogante di alcuni politici “esperti” per antonomasia; esperti nel perdere, ovviamente, visti i risultati.
Ed ancora, quando ci dirà che idea ha della tutela del territorio? Quando sapremo che visione ha della produzione di energia? Nucleare si o no? Ogm si o no? C’è un’ idea più umana e razionale a proposito dei flussi migratori nel nostro Paese, o dobbiamo andare dietro alle bavose insensatezze leghiste perché ciò frutta due punti nei sondaggi? Od anche le vite di migliaia di disperati in fuga dalla miseria causata da una sfrenata economia liberista sono barattabili con il consenso elettorale e l’allargamento della coalizione?
Un Paese migliore deve essere costruito, e per farlo è necessaria una politica nuova. Una tensione anche pedagogica, in cui ognuno abbia la voglia di imparare e nessuno l’arroganza di pontificare. Una visione innovatrice e coraggiosa, che sappia spiegare che le cose non sono così per forza, che un mondo migliore si può costruire, che non si possono seguire gli istinti più bassi e retrivi solo perché ciò paga elettoralmente, che la politica non è l’arte di vincere le elezioni, ma il disegno, anche il sogno forse, che noi abbiamo della società in cui vogliamo vivere. Un valore che va oltre il tempo attuale, ma che da senso e prospettiva alle cose che facciamo, e per il quale, realmente, si possono chiedere sacrifici e adesioni.

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