E’ tutto da rifare

           Alle mamme degli alunni della scuola elementare pubblica che ha imposto pane ed acqua ai bambini figli di genitori morosi nei confronti della mensa, riammessi al desco dolo per l’intervento di un munifico benefattore, il giornalista chiede cosa ne pensino dell’accaduto. E loro, senza arrossire, replicano: “Bene l’intervento del benefattore, l’importante è che si paghi. Ma questo non risolve il problema, che si ripresenterà. Non è giusto che chi non paga abbia lo stesso trattamento di chi paga. La mensa non è obbligatoria”.
           All’uscita del tribunale di Napoli dove continua la saga di “Calciopoli”, ad un tifoso juventino viene chiesto se preferisca la dirigenza attuale della squadra o quella targata Moggi, con tutte le cose annesse che conosciamo. Il giovane non ci pensa su un minuto: “Meglio Moggi. Con lui i risultati arrivavano”.
           E di cosa discutiamo? L’importante sono le possibilità dei singoli, non i diritti di tutti. Contano i risultati, non il rispetto delle regole del gioco. Sei arrivato, non importa come, ed hai il mio rispetto. Hai venduto il tuo corpo, hai comprato il tuo successo, hai tradito la fiducia di tutti: e che si ne frega; hai vinto e sei un grande.
           E’ davvero questo il mio Paese? Se la risposta è si, allora mi sento in esilio. Certo, già Kant ci aveva spiegato che rispettando le regole non ci guadagniamo un granché individualmente, ma miglioriamo la società, e ciò è buono per tutti, anche per noi. Ma oggi siamo al ribaltamento completo della logica sociale. Chi rispetta le regole è fesso, chi le aggira è furbo, chi apertamente se ne frega è forte.
           Da quand’è che la nostra ragione dorme, per non esserci accorti di dove stavamo andando? O è proprio lì che volevamo andare? Se vinci continui a vincere perché tutti corrono a mettersi dalla tua parte. Se perdi sei finito, perché tutti corrono a colpirti. Siamo davvero quel popolo “sempre pronto a correre in soccorso del vincitore” di cui parlava Churchill? Quel popolo poi altrettanto pronto a mollare o dare addosso ai miti di oggi quando domani saranno perdenti. Da Piazzale Loreto all’Hotel Raphael, i nostri innamoramenti finiscono come nelle peggiori storie di famiglie isteriche; pronti però a rifarci una verginità da spendere con il nuovo amore.
          Non si tratta di conquistare i cuori e le menti, assecondando gli istinti più viscerali; non è tanto questione di solleticare appetiti e libido per attrarre le masse: oggi la necessità e ridisegnare le culture, i sentimenti, i valori. E’ tutto da rifare. Altro che “Partito in sintonia con la società”, di cui parlava Fassino. Qui si tratta di mettere su un gruppo di persone capaci a lavorare controcorrente, “in direzione ostinata e contraria”. 
          E poi c’è bisogno di ricominciare a lavorare nei posti “dove il sole del buon Dio non da’ i suoi raggi”; tornare a lavorare nelle periferie della società, dove c’è il popolo, quello vero, quello che soffre e patisce, quello che vive e muore. Smetterla di inseguire i voti del centro politico vivendo nel centro storico, smetterla di storcere il naso all’odore delle stalle e dei campi appena concimati e ricominciare a sporcarci le mani nel fango ed inzupparci la camicia di sudore. Partire dal basso, senza paura né complessi di superiorità: “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fiori”.

 

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