Fatto il pasticcio, trovata la legge. Ovvero: quando la minaccia giustifica l’illegittimità

          Si, è proprio così. Una volta erano i cittadini che, con la scusa del doversi arrangiare e con la furbizia che succede al coraggio, cercavano con l'inganno di superare la legge. Ora sono i potenti che prima combinano il "pasticcio" (la definizione non è mia) e poi rimediano con la legge.
          E' quanto è successo con il caos delle regionali ed il decreto “salva liste amiche” varato di notte dal Governo. Il Pdl ha sbagliato nel presentare le liste ed il Pdl ha rimediato con la violenza delle minacce e con la forza dei numeri, facendosi un decreto di sartoria.
          Come ci ha spiegato Zagrebelsky, non hanno rispettato la legge nella consegna delle liste e se la sono presi con la legge elettorale e con i giudici. "E' stato lui" ripeteva, puntando l'indice dietro di sé, un alunno di mia madre quando veniva sgridato e colto sul fatto: anche se dietro di lui, spesso, si estendeva il corridoio vuoto, sgombro di qualsiasi altro eventuale colpevole.
          Ma con il decreto “salva liste Pdl” la maggioranza di Governo cala la maschera. Nei giorni precedenti, infatti, abbiamo ascoltato ministri della Repubblica minacciare fuoco e fiamme. "Non accetteremo nessuna soluzione che non sia favorevole alle nostre tesi", "non rispondiamo di noi", "siamo pronti a tutto". Poi si è fatto il decreto ad hoc, e le stesse voci hanno esclamato soddisfatti "ora i giudici non potranno non darci ragione". Confessando implicitamente che prima avevano torto e che la ragione se la sono fatta con la forza violenta della maggioranza.
          Dall'opposizione si sentono appelli alla resistenza, al non farsi prendere dallo sconforto e tentare con tutte le forze di battere nelle urne l'arroganza dei prepotenti. Dalle stessi parti, poi, viene un monito al non sbagliare l'obiettivo, riferimento neppure velato alle critiche di quanti hanno contestato il Capo dello Stato per la firma ad emanazione del decreto “sana pasticci della maggioranza”.
          Hanno ragione? Andiamo con ordine, e vediamo prima il decreto.
          Non sono un giurista, ma credo che il testo licenziato dal governo ed avallato dal presidente della Repubblica sia anticostituzionale. Innanzitutto esso tradisce i principi di imparzialità e parità fra le forze politiche in campo, perché consente ad alcuni, solo perché parte di maggioranza, di cambiare le regole a partita iniziata. Poi perché non è un testo solo interpretativo ma introduce elementi di innovazione, come lo stesso Zagrebelsky ha notato, rispetto alle leggi esistenti, oltre ad invadere il campo delle Regioni.
          Ed ancora, diversifica tutte le altre regioni dove il testo si applicherà dalle prossime elezioni, dal Lazio e dalla Lombardia dove la norma vale da subito, ed introduce di soppiatto un tema pericoloso, quello del "principale contendente", come se in democrazia le forze dei contendenti in campo fossero decise aprioristicamente. Infine, viola la normativa vigente, in particolare la Legge 400 dell'88, che vieta l'uso dei decreti in materia di elezioni, e contrasta con l'Articolo 72 della Costituzione che prescrive il ricorso alla via normale nella legislazione a riguardo di consultazione elettorale.
           Un po' tutte le campane dell'opposizione si dicono convinte dell'arbitrarietà e della prepotenza della maggioranza che ha portato a questo decreto.
           E qui si inserisce l'altro aspetto del ragionamento: è giusto tirare in ballo il presidente della Repubblica?
          Cerchiamo di capire. Il Pd attacca il decreto e difende il presidente, come d'altronde fa l'Udc. Altri, come l'Idv, attaccano entrambi. Francamente, non capisco l'atteggiamento di Bersani e co. Perché delle due l'una: o il salva liste è perfettamente corrispondente alla Costituzione e pienamente calato nella legittimità del gioco democratico, allora il Capo dello Stato ha fatto bene a firmare, ma non capisco perché gridare allo scandalo nei confronti della decisione del Governo; oppure, il testo viola la Costituzione nei principi e negli articolati (come credo) ed a questo punto la colpa è sì del Governo ma il Quirinale, quale garante che non garantisce, non è esente da responsabilità.
           E che il decreto sia incostituzionale ne è convinto pure il Pd, altrimenti non si spiega perché una giunta regionale a maggioranza Pd abbia fatto ricorso alla Consulta.
           Quindi, perché attaccare chi dice che il presidente della Repubblica non ha vigilato abbastanza? Uno dei compiti del Quirinale è proprio quello di vigilare sul rispetto della Costituzione. Ma in questi anni il Capo dello Stato ha già firmato leggi e decreti che poi la Corte Costituzionale ha cassato, o sui quali ancora pende un pronunciamento da parte dei giudici del Palazzaccio. Dai Lodi ad personam ai decreti che contraddicevano, annullandone gli effetti, le sentenze della magistratura, troppo abbiamo visto; ma mai uno stop per manifesta incostituzionalità.
            Eppure, quella incostituzionalità la Consulta l'ha rilevata. Mi chiedo, nessuno vuole addossare le responsabilità delle leggi al Presidente della Repubblica, che per dettato costituzionale ne è esente, ma non si può nemmeno dire che Giorgio Napolitano può sbagliare ed ha sbagliato?
            La Repubblica è indiscutibile, mica la donna o l'uomo che pro tempore ne ricopre la carica di presidente. Non è ammessa la lesa maestà in una repubblica, e l'infallibilità dei capi appartiene ai regimi teocratici guidati dallo Spirito, non agli stati laici condotti dagli uomini. Errare è umano; come lo è Giorgio Napolitano.
            E se uno sbaglia più volte, quando firma il lodo Alfano, quando firma una legge che stravolge le sentenze, quando firma un decreto in materia elettorale, quando firmerà il legittimo impedimento, si può chiedergli di cambiare mestiere? Nessuno è al di sopra delle istituzioni e delle regole: non è quello che diciamo a proposito di Berlusconi? E perché non dovrebbe valere pure per Napolitano?
            C'è poi un'ultima ragione che viene addotta a discolpa del comportamento del Capo dello Stato in questa vicenda del decreto salva liste: quella di dover garantire la coesione e la pace nel Paese. Be', seppure questa può sembrare ragionevole e di buon senso e sebbene provenga anche da alti analisti, adombrata anche dal Zagrebelsky che prima citavo, nondimeno devo ritenerla la peggiore di tutte le ragioni.
            Così si giustificano e si legittimano le minacce dei potenti. Siccome La Russa ha minacciato i fasci furori in caso di non accoglimento delle idee del Governo, allora si è dovuto firmare per forza. La prossima volta minacceranno fuoco e fiamme e faranno un decreto per annullare le elezioni nelle regioni dove avranno perso? Anche allora immoleremo lo spirito civico in ossequio al quieto vivere?
            E' una china tanto vile quanto pericolosa quella su cui ci stiamo avviando con questo ragionamento. E potrebbe avere figli ed effetti nefasti.
           Se basta minacciare la violenza per aver ragione con la forza, cosa impedirà ad altri di far proprie le parole di Shylock: "La malvagità che m'insegnate io la metterò in opera; e sarà difficile che io non abbia a superare i maestri"?

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