Sindacato di sinistra?

Difendere i lavoratori con metodi democratici è il lavoro dei sindacati. Su questo non ci piove. Quando quindi la Cgil dice di non voler firmare l’accordo con Cai sul futuro di Alitalia (dopo, per altro, aver firmato l’accordo quadro) perché vuole il coinvolgimento e l’assenso di tutti i lavoratori, o almeno della maggioranza, ha tutte le sacrosante ragioni.

            Così come hanno ragione quanti dicono che la croce non si può buttare addosso alla Cgil che chiede solo di poter fare il proprio mestiere. Hanno ragione pure quando ci dicono che senza il personale di volo non c’è compagnia aerea.

            Però c’è un limite all’azione di un’organizzazione sindacale. Difendere i lavoratori e i loro diritti ed interessi per un sindacato è l’unico scopo. Fare politica nel senso di ricercare il consenso e contrasto dell’avversario, invece, non dovrebbe nemmeno passare per la zucca ad un dirigente sindacale, anche in un caso spudoratamente politicizzato come quello di Alitalia. E’ però proprio questo quello apparso nell’atteggiamento di Epifani. Con un’opposizione inesistente o non incisiva, con la sinistra afona e il Pd disorientato e fermo (basti pensare che nel momento più critico di Alitalia le opinioni più distante sulla vicenda erano in casa democratica, Dalema a difendere la Cgil, Letta – Enrico – ad attaccarla, Ichino a proporre addirittura, come minaccia nelle trattative, la sospensione degli ammortizzatori sociali, e Veltroni a New York a presentare il suo libro – e comprare la casa per la figlia a Manhattan) il buon Guglielmo ha pensato di farsi avanti come unico oppositore al Berslusconi ter. Un po’ come Sergio Cofferati tempo fa.

            Io (che sono un uomo di mondo) in ciò, in linea di massima, non ci vedrei nulla di male. Anzi, un po’ me lo auguro. E però non sono sicuro che quel terreno sia quello giusto. O meglio, sono convinto che quello è il terreno sbagliato.

            Il sindacato, i rappresentanti del movimento dei lavoratori, e, ancor di più, una confederazione grande ed importante come la Cgil deve fare politica (non quella che si limita o si esaurisce alla ricerca del consenso o al contrasto dell’avversario, ovviamente). Deve determinare e cercare di dirigere le scelte degli esecutivi, ma poggiandosi su argomenti diversi, più sentiti come emergenze dalla popolazione, più vicini a chi ha meno tutele e meno diritti, a chi è più debole e più povero, argomenti (in una parola) di sinistra.

            La difesa dei lavoratori dipendenti contro nuove tendenze involutive che si affacciano nel mercato del lavoro, quella sarebbe una battaglia.

            E’ giusta la difesa del pubblico impiego, ma ancora di più lo sarebbe quella per la stabilizzazione dei precari nella PA. Perché, non me ne voglia nessuno, i dipendenti a tempo indeterminato nel pubblico impiego di diritti ne hanno già tanti (e c’è chi dice troppi); proviamo a pensare a chi non ne ha e non ne ha mai avuti.

            Sacrosanta dovrebbe poi essere la battaglia contro le scelleratezze e le proposte della Gelmini. Ancor di più, una mobilitazione per pretendere il rispetto dei diritti fin qui acquisiti dagli insegnanti precari per i quali si tenta di chiudere la porta dell’immissione in ruolo.

            Per spostare questo schema sulla questione Alitalia, personalmente avrei pensato prima ai lavoratori meno qualificati ed a quelli più a rischio come i precari (che sono pure i meno pagati), e poi via via a salire fino agli assistenti di volo. Insomma, tutelare per primi e meglio quelli con meno potere contrattuale, meno possibilità e salari più bassi.

            E i piloti? Dopo, se avanzava tempo. Un pilota trova lavoro in due giorni se lo perde. Un addetto al carico merci a Napoli o a Palermo no. E poi, con quegli emolumenti, un pilota può anche consentirselo qualche mese sabbatico. Non dimentichiamoci, inoltre e giusto per chiarire di chi stiamo parlando, che i piloti sono gli stessi che hanno protestato e minacciato scioperi perché le stanze d’albergo loro assegnate in trasferta erano piccole e senza possibilità di collegamento ad internet veloce.  

            Non so voi, ma io, oggi, in Italia vedo altre priorità da difendere a spada tratta, altri lavoratori per cui spendersi e lottare invece di immolarsi per chi guadagna in un mese il doppio di quanto un operatore di call center percepisce in un anno. Di fare le barricate per la corporazione (si, la corporazione) dei piloti proprio non ne ho voglia.

            Qualcuno dice: ma senza l’assenso dei piloti non c’è accordo, senza di loro chi guida gli aerei?

            Ed infatti, senza pilota un aereo non parte. Senza “un” pilota, non senza “quel” pilota. Siete proprio sicuri che in un Mondo con 6 miliardi di persone non ci sono 2 mila piloti pronti a venire in Italia a guidare aerei per stipendi di 10/15 mila euro al mese e tutte le spese a carico della compagnia aerea?   

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