Contributo per l’assemblea nazionale di Sinistra Democratica

Nonostante il trauma elettorale che ci ha investiti, che molti hanno vissuto come una vera e propria tempesta, in tanti sono ancora pronti a rimboccarsi le maniche ed a far politica “a Sinistra”. Sono, siamo pronti perché ancora crediamo che sia possibile ripartire, ritornare a “dire la nostra” nello scenario della politica. Pronti e disponibili, perché ancora siamo convinti che seppur spariti dal Parlamento siamo ancora presenti nel Paese.

Siamo presenti nella società, sempre più schiacciata dalla crescita dell’ingiustizia sociale elevata a metro per giudicare le capacità; dove chi ha tanto è ritenuto di conseguenza anche bravo e chi non ha nulla è espulso dal consesso civile. Una visione preilluminista, per non dire direttamente medievale, diffusa ed amplificata dalla cassa di risonanza mediatica ed al soldo di chi possiede le redini degli strumenti che quotidianamente la diffondono.

Siamo presenti, e parlo per quello che più mi riguarda, nel Mezzogiorno, sottoposto a logiche economiche che lo stringono in un angolo e schiaffeggiato da un federalismo cialtrone e millantatore che lo vorrebbe condannato a finire vittima di un’opera certosina e chirurgica mirata alla distruzione del tessuto unitario della Nazione e finalizzata alla irrazionale ed illogica separazione dell’Europa dalla sua naturale porta e porto sul Mediterraneo.

Siamo presenti nel mondo del lavoro, dove sempre di più, ed ancora, ogni giorno muoiono persone come fossero dettagli di una cinica contabilità. Dove scellerati burocrati nel miraggio di una incredibile “modernità” presentano come estremo passaggio futuribile la precarizzazione infinitesimale del lavoro ed il superamento del limite delle 48 ore settimanali, inseguendo un dozzinale mito fondato sull’assioma più lavori, più guadagni, più hai funzione e merito nella società: in realtà, un salto indietro a prima dell’inizio delle rivendicazioni del movimento dei lavoratori.

Siamo e dobbiamo essere presenti in un mondo del lavoro che nel meridione e nella mia Regione, la Basilicata, sembra essere un miraggio destinato sempre più a pochi eletti, fortunati clientes. Dove una finta modernità fa dell’uso spregiudicato di una instabilità ed una precarizzazione del mondo dei contratti una fine e spietata arma ricattatoria. Dove, e parlo ancora di più per il Mezzogiorno e per la mia Terra, da sempre più parti viene la preghiera di lottare per la piena e buona occupazione, per l’ottenimento di un lavoro buono e stabile, per la persecuzione di tutte quelle azioni che possano portare ad un tessuto produttivo ed imprenditoriale di qualità e sano e non invece all’illusione sempre più tradita di un’assistenza misera e fondata sullo scambio, e sul voto a questo sistema collegato, tra la dignità della persona ed un presunto e vacuo potere amministrativo.

Dal tema del lavoro, che è poi il fondamento della qualità della vita, la Sinistra deve oggi ricostruire il suo campo di azione e di agire politico. E’ impensabile immaginare la crescita politica della Sinistra senza incidere nella discussione sul tema del lavoro, dell’organizzazione produttiva della società. Né tantomeno è pensabile arginare l’attacco culturale che ci giunge dalle destre ergendo barriere fatte solo di simboli, nomi e definizioni. Non ci sarà alcuno spazio per una sinistra dei simboli se non ci sarà un campo culturalmente ampio per una sinistra politica. Il rischio, altrimenti, è quello che la distinzione percepita fra destra e sinistra diventi più una questione tecnica da addetti ai lavori, una verità per il ceto politico, ma incomprensibile dai lavoratori, dai poveri, dai disoccupati, da quelli, insomma, che poi vanno a votare e scopriamo che non votano più ciò che alcuni ritengono essere il meglio per loro.

Ma c’è il pericolo di smarrirsi e bisogna fare attenzione; perché non sta scritto da nessuna parte che quella che abbiamo vissuto il 13 e 14 aprile non sia una crisi di lunghissimo periodo, definitiva. Potrebbe essere anche la prima avvisaglia che in Italia si sta innescando un meccanismo per il quale si potrebbe in futuro avere una forte sinistra diffusa nelle esperienze dei singoli e nella sottotraccia della società ma incapace ad acquisire spazio politico. E’ un fenomeno già esistente nel Mondo, ce lo spiegava Antonio Gramsci nella sua analisi della politica degli Stati Uniti “Americanismo e Fordismo”, e sappiano quanto oggi molti agognano un’americanizzazione anche della nostra scena politica.

Come resistere (e resistere nel senso “storico” del termine) a queste spinte? Rinnovando e rinforzando la cultura di una politica di sinistra, di una politica che, come sosteneva Rosselli, “sia amore ai problemi concreti”, ma che sia capace di guardare avanti, oltre le logiche legate solamente all’orizzonte immediato elettorale. Una cultura politica di sinistra per una sinistra che sia politica e culturale, in grado di dire in cosa è diversa e cosa la differenzia. Perché è nell’appiattimento sulla visione del mondo così com’è senza alternative che si origina la debolezza della sinistra.

Le culture politiche, le tanto vituperate ideologie del Novecento tentavano di spiegare il Mondo e di intravedere un orizzonte possibile. La politica di oggi, in molti casi, al massimo mira a vendere merci ai cittadini-consumatori. Su questo altare si è iniziati a sacrificare la qualità delle proposte politiche con la quantità dei pacchetti elettorali, scambiando la politica come attenzione quotidiana ai bisogni della polis con una sorta di customer satisfaction, trasferendo nella politica le pratiche all’ingrosso del Carrefour. Ma in questa logica che ha coinvolto tutti (e quando non lo ha fatto con le opere, mutuando il linguaggio dalla liturgia eucaristica, lo ha fatto con le omissioni) il cittadino ha voluto punire soprattutto la Sinistra, che a quello avrebbe dovuto rappresentare un argine e forse spesso ha abdicato a tale funzione.

Come ripartire ora che tutto sembra in salita e arduo? Riallacciando il filo del dialogo con la società reale, lavorando ogni giorno nei territori e nei luoghi di lavoro, così come nelle scuole e dove si formano le culture delle prossime generazioni, offrendo un esempio ed una visione di alternativa possibile. I congressi, le assemblee servono, sono necessari, ma non bastano di per sé stessi a trovare il bandolo della matassa per ricominciare. Diciamolo chiaramente e cerchiamo di non aver paura dell’analisi dei fatti: i partiti di sinistra, così come li abbiamo conosciuti, sono stati sciolti dagli elettori. Oggi da solo nessuno può farcela. Né tantomeno si può pensare di continuare a marcare differenze, a segnare rotture e demarcazioni nella spasmodica ed inutile ricerca di visibilità personale o di cerchia. Bisogna avere forza e capacità per riunire due aspetti fondamentali della pratica della sinistra politica: disporre di chiavi di lettura e di analisi della società e delle sue sfaccettature ed essere in grado di cogliere il senso ed il significato delle istanze che quotidianamente da essa emergono. Così come c’è, ora più che mai, bisogno di “Unità”, di offrire al popolo della sinistra una prospettiva credibile e realmente alternativa. Unità che la si deve ricercare anche nel come ci si presenta politicamente, attraverso, magari, il lavoro quotidiano e costante teso a mettere in campo liste uniche per le prossime tornate elettorali. Una lista unitaria alle Europee, una lista unitaria con le anime di sinistra che vogliono davvero impegnarsi in un’alternativa di governo anche alle prossime amministrative.

E se l’unitarietà della sinistra è un obiettivo, lo stesso deve essere la rinnovata unità del centro sinistra. Solo attraverso un rinnovato centro sinistra sarà possibile fermare il dilagare delle destre. E’ un tema, questo, che bisogna affrontare con serietà, con coraggio, rimuovendo le tentazioni di rivalsa che tutti (anche chi scrive) abbiamo e che nascono dalle vicende elettorali ultime scorse.

Ed infine bisogna aprirsi alla partecipazione, alla discussione ed al confronto. Diamo al termine democratico una valenza sostanziale, se non addirittura “sostantiva”, senza ridurlo a mera aggettivazione di un partito. 

Partecipazione, cultura politica ed impegno quotidiano: proviamo a ripartire da qui.

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