E se Fassino andasse a Palazzo Chigi?

Salve a tutti,
            e ben ritrovati. Lo so, lo so, è solo gossip politico ed indiscrezioni messe in giro artatamente. Ma se trapelano anche dalle colonne di “Velina Rossa”, organo di informazione parlamentare diretto da Pasquale Laurito e vicino agli ambienti dalemiani, allora certe voci cominciano a colorarsi delle tinte della veridicità, o quantomeno della probabilità.
            Sto parlando delle “chiacchiere” circa un possibile ingresso nel Governo, dopo la prossima estate e prima delle discussioni sulla Finanziaria 2008, di Piero Fassino. L’entrata di Fassino al Governo sarebbe coincidente anche con un mini rimpasto che potrebbero gradire anche altri “soci” nella maggioranza. Cambiare qualche poltrona o poltroncina, fare qualche piccolo spostamento, anche di dicastero, potrebbe dare ad alcuni nuova linfa e soprattutto una piccola boccata d’aria per correggere e limitare eventuali frizioni.
            Ciò detto, nasce spontanea una domanda: perché Fassino dovrebbe entrare nell’esecutivo di Romano Prodi? Be’, perché il prossimo 19, 20 e 21 aprile la sua segreteria potrebbe non essere più salda come oggi, almeno sulla carta, lo è. Al prossimo congresso della Quercia in aprile, infatti, le due proposte alternative (quella della sinistra proposta da Slavi e Mussi e l’altra portata avanti da Angius e co.) potrebbero raggranellare una quota di consensi vicina al 30 per cento. Di più, con il voto segreto dei delegati sulle mozioni e con lo spauracchio che, qualora si dovesse accelerare sulla direzione del Partito Democratico, quello di aprile potrebbe essere il canto del cingo del più grande partito della sinistra italiana, non è escluso che i dissenzienti rispetto a tale prospettiva potrebbero avvicinarsi al 40 per cento. E se ciò avvenisse, Fassino, candidato alla segreteria per la mozione di maggioranza, potrebbe sì confermare la sua leadership, ma con un consenso molto più risicato di quello che oggi gli viene accreditato.
            Di qui nasce l’ipotesi dell’entrata al Governo dell’esile piemontese. Per ridare slancio ai Ds, infatti, gli stessi uomini della maggioranza congressuale potrebbero optare per un cambio di vertice nelle stanze del “Botteghino” e quindi ricercare per l’attuale segretario una collocazione a Palazzo Chigi (ovviamente, spiego per i non addetti ai lavori, un ex segretario nazionale non lo si può mica mandare a casa con un bel servito. Sembrerebbe sconfessare ciò che è stato fatto fino a quel momento).
            Gli scenari che potrebbero aprirsi a quel punto circa le sorti dei Ds e del futuro Pd sono, al momento, di difficile previsione (nel conto va messo anche un forte passo indietro rispetto alla fusione con la Margherita, che potrebbe essere caldeggiato, a quel punto, anche dai vertici del partito del fiore, oltre che da quasi la metà dei Ds, se i voti delle mozioni congressuali dovessero seguire le percentuali che pronosticavo poco sopra). E, inoltre, chi potrebbe prendere la guida della segreteria della Quercia. Il nome che viene in mente a me – ed anche ad altri a giudicare dalle voci di cui prima riferivo – è quello dell’emiliano Pier Luigi Bersani. Con lui alla segreteria nazionale, non solo si liberebbe un posto nel Governo che potrebbe essere ricoperto da Fassino, ma si potrebbe dare anche una ventata di rinnovamento al Botteghino. Bersani potrebbe essere l’uomo della provvidenza per una serie di situazioni e considerazioni. E’ uomo vicino a Massimo Dalema, quindi potrebbe contare sull’appoggio di una cospicua fetta del Partito. E’ ben visto da Caldarola, Angius e gli altri della terza mozione e, avendone verificato in questi mesi le doti di dialogo con le parti sociali, credo sia l’uomo giusto per tentare una ricucitura a sinistra con Salvi, Mussi, Bandoli e Spini.
            Infine – e qui aggiungo, non nascondendola, una nota di soddisfazione personale – potrebbe rappresentare un argine alle mire espansionistiche e di scalata più volte manifestate dal mediatico (e per certi versi berlusconiano nell’agire e nel porsi) sindaco della capitale Walter Veltroni. Il sindaco capitolino, infatti, da diversi mesi fa “melina” per prendere tempo e tentare, così, di vincere la sua partita. Finge di non voler prendere parte alle diatribe della Quercia e poi si cala nella parte di dirigente di partito impegnato a ricercare fronti di unione; si distacca chiedendo una discussione sui temi del Pd e poi firma la mozione pro Fassino; si muove, infine, quasi fosse fuori dagli schemi e dagli “equilibrismi” del Partito e poi cerca all’esterno (in Prodi, per l’aspetto politico, ed in De Benedetti, per il mondo economico e produttivo) quelle sponde che gli possono servire da appoggio al suo progetto: che è poi, in sintesi, quello di affermarsi come futuro leader di un eventuale Pd e prossimo candidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. 
            E poi, anche in virtù di queste ultime valutazioni, chi lo dice che Bersani non possa essere il futuro leader della coalizione di centro sinistra, magari il sostituto di Prodi alla prossima corsa verso lo scranno più alto del Governo? Se deve giocarsela anche contro Veltroni, tanto vale andare fino in fondo, o no?
Questa voce è stata pubblicata in Uncategorized. Contrassegna il permalink.

Lascia un commento