Quanto è analogico il voto di protesta nell’era digitale?

«Lui ha vinto con il voto piccolo borghese, sì, ma anche di molti operai che non amano le élite liberali di area democrat. I suoi elettori han detto “Trump è vanitoso, avido, volgare, stupido, corrotto…”. Sì! È quello che pensiamo di voi politici! È come se avessero scelto un personaggio di finzione, un Presidente da cartoni animati per denunciare la politica da cartoni animati». Lo scrive David Graeber nel suo Bullshit jobs (da pochi giorni in libreria nella sua traduzione italiana per Garzanti). Il testo dell’antropologo newyorkese parla d’altro – dell’insoddisfazione per lavori ritenuti inutili da chi li fa, al di là, spesso a discapito, di quanto agli stessi rendano in termini economici; che poi è altro solo fino a un certo punto –, ma questa sua lettura dell’elezione del 45° inquilino della Casa Bianca mi ha colpito. Soprattutto per il parallelo con quello che succede in diverse parti del mondo, compreso qui da noi.

In effetti, può essere una curiosa chiave interpretativa di quello che elettoralmente sta succedendo nell’era digitale, almeno nelle democrazie occidentali. Prendiamo il nostro caso. Parlando con elettori del M5S, spesso mi sono trovato a dover registrare da parte loro dubbi e perplessità rispetto alla scelta da essi stessi fatta. Eppure, la risposta era quasi sempre purtroppo iscrivibile in quel motto beffardo che i detrattori delle loro tesi usano sui social: «E allora il Pd?». È triste, ma ha un fondo di verità; se hanno votato questi che abbiamo, non è perché (o almeno voglio sperare che così non sia) davvero credevano in personaggi improbabili, capaci di dire, come ha fatto Di Maio – e usando il modo indicativo, perché lui ne è certo –, che «noi, in maniera decisa, con questa manovra, con questa legge di bilancio, avremo abolito la povertà». È più probabile, al contrario, che lo abbiano fatto come una sorta di gesto futurista, come provocazione, come spunto per future riflessioni (e lasciatemi, vi prego, nella convinzione che l’elettore medio italiano sia più colto e saggio di me). Del tipo: cari politici, se continuate a propinarci dirigenti a ribasso che fan piangere quando non ridere, noi vi scavalchiamo e votiamo direttamente per comici veri o personaggi da operetta.

Difronte a tutto questo, allora, non ci rimane che fare come i delegati alle Nazioni Unite l’altro ieri, che al cospetto di un pomposo Trump che orgogliosamente rivendicava come in soli due anni la sua amministrazione avesse fatto di più di qualsiasi altro governo nella storia degli Stati Uniti, hanno cominciato a rumoreggiare e ridere, credo pienamente consci che quello che andava in scena dall’importante podio che ben altre dichiarazioni ha negli anni accolto, altro non fosse che la performance di un personaggio, come dice Graeber, da cartoni animati.

Se poi tutto ciò faccia realmente ridere e non temere, è altro argomento.  

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