La democrazia, certo; ma solo se è comodo indossarla

«Ho temuto per la tenuta democratica di fronte a barricate per l’arrivo di migliaia di stranieri, e a sindaci che mi dicevano no… Ho capito che andava governato subito il flusso migratorio e l’abbiamo fatto». Le parole del ministro dell’Interno, dette a Pesaro durante un dibattito in una Festa dell’Unità, non paiono lasciare spazio al dubbio: lui, che è informato sullo stato del Paese, ha avuto il sentore che qualcosa di serio potesse metterne in discussione il patto sociale su cui si fonda. Frasi da far tremare le vene ai polsi. E da far riflettere sullo salute di quelli che diciamo essere i nostri valori.

Sì, perché le dichiarazioni di Minniti hanno anche una cifra epifanica; ci dicono che per noi la democrazia va bene e che difendiamo i princìpi di civiltà e tolleranza, a patto di non dover mai provarne l’efficacia. Insomma, se è comodo averla, viva la democrazia. Altrimenti, si chiuda con questa pantomima del rispetto per le minoranze, della difesa dei diritti di tutti e si affidino il comando e il potere a uno capace di gestire l’ordine garantendo per noi «la sicurezza, la disciplina». D’altro canto, che l’autogoverno del popolo possa cedere al «crucifige!» non lo apprendiamo di certo ora. Però, che tristezza doverlo ancora constatare.

Le parole di Minniti dipingono un quadro preciso. Hanno una sola sbavatura, che d’altronde, se corretta, concorrerebbe a renderne solo più scure e cupe le tinte. Dice il ministro che ha capito quello «di fronte a barricate per l’arrivo di migliaia di stranieri». Già. Eppure, io non le ricordo in quei termini, numerici, intendo, mentre mi tornano alla mente cortine erette per respingere l’invasione di 11 donne e un bambino o trincee scavate per arrestare sul confine 15 minorenni non accompagnati da parenti adulti.

Migliaia? No: basta che siano una decina. Neri, ovviamente.

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