Ora pare che il Viminale si sia reso conto che, se si cacciano dai luoghi in cui vivono persone che non hanno altro posto dove andare, non si risolve un problema, semplicemente se ne crea uno diverso. Sarebbe inutile dire che è un po’ un’ammissione di colpa rispetto ai fatti di Roma, e quindi accogliamo con la necessaria speranza di cambiamento questa nuova disposizione, attendendone gli sviluppi. Ma è tutta la storia che non va, che è violenta a cominciare dalle parole usate per descriverla: lo «sgombero», che rimanda alle cose che non servono più, e quel triste inglesorum del prefetto di Roma, cioè del Governo sul territorio, che ha definito i fatti «un’operazione di cleaning», quasi si trattasse di togliere dei rifiuti dalle strade.
Vedete, per me la questione sta in termini diversi. Perché sì, ci sono le leggi di Creonte, ma anche i diritti di Antigone, per rifarci a parole antiche. E non di rado, questi quelle precedono. Ho sentito molte difese d’ufficio tirare in ballo le leggi sulla proprietà; e che c’entra? Qui non si sta negando quel principio (che pure può essere messo in discussione «per motivi d’interesse generale», secondo quanto dice la Costituzione), ma sul fatto che uno Stato che si vuole fra i primi del mondo abbia deciso di mandare centinaia di poliziotti in assetto da guerra a cacciare con idranti e manganello gli ultimi della terra. Inoltre, l’idea di una deresponsabilizzazione dei singoli agenti non regge; le azioni individuali contano (altrimenti non avremmo visto su tutti i media quella foto di una carezza), e «io eseguivo solo gli ordini» l’abbiamo già sentita. Sempre la Costituzione: «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore». Non saprei dire della disciplina, non me ne intendo, ma dov’è l’onore nello schierarsi come opliti post-apocalittici sotto elmi di plastica e dietro scudi in plexiglass contro donne e bambini?
E ancora sulla proprietà privata: come mai, dinanzi al passaggio di un’opera pubblica non tiene un’ora, ma se si tratta di migranti da cacciare è un baluardo insuperabile? Quello stabile non era un alloggio popolare occupato a scapito di altri bisognosi, ma la proprietà, vuota, del primo fondo immobiliare italiano, acquistata per meri scopi speculativi; sicuri di voler difendere quegli interessi economici contro i diritti dei profughi, a cui, di nuovo per la lettera della sua Carta, lo Stato dovrebbe riconosce e concedere asilo in quanto gli è negato (e gli estensori vollero far precedere il cosa da un aggettivo chiaro, perché sapevano che spesso le dittature non sono riconosciute formalmente come tali) «l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana»? Se di là dovesse passare una linea di metropolitana, si pensasse di costruire una nuova stazione, se si volesse realizzare una tranvia, non trovereste una soluzione per quello che, altrimenti, definite intangibile diritto alla proprietà? Ecco, vedetela così, se può servire: anch’io difendo un tram, solo che si chiama umanità.
Perché, per tornare ad Antigone, i diritti fondamentali riguardano gli esseri umani, non il superfluo che essi possiedono e che pure le leggi di Creonte, non dico senza motivi, tutelano. Ed è sul corpo di quei profughi che si misura per noi la reale consistenza di quelli che non di rado difendiamo come princìpi e valori assoluti. Se non, appunto, per difendere gli ultimi scampoli di umanità, per cos’altro parleremmo ancora di libertà, democrazia, civiltà?
Leggo i tuoi articoli ogni mattina. Anche questo interessantissimo come gli altri.
Mi permetto di farti notare che verso la fine “non dico non senza motivi” ha una negazione di troppo. ti suggerisco di correggerla.
ciao e grazie
Michele Bozzi