Notte, Ninco Nanco

Centocinquantatre anni, e sembra scattata ieri la foto in cui sorridi,
beffardo, come a dire ai tuoi nemici «sì, potete sparare e uccidermi,
trovare traditori e complici, ma io, di questa terra a voi sconosciuta,
che sa di discender da morte e a lei salire, rimarrò sempre l’anima».
 
Poggi in quella il capo sul guanciale di pietra che lindo volle per voi
il poeta leggendo i tempi del mondo all’ombra della torre Normanna,
prima che le teste vi fosser spiccate per farne mostra in cima ai pali,
i capelli all’indietro e un lembo di camicia forse a coprire la balestra,
 
indomito coltello dai tre scatti per le macabre danze dei duelli cafoni.
E ti son d’allora di veglia i cardi, spogli e ritti in un infinito silenzio;
non corri più e solo poche canzoni e deboli versi, a cui questi sommo,
 
ricordano che non fu battaglia sconfitta su un campo quella che deste,
ma dei vinti la guerra senza speranza, perché da disperazione muove.
Notte, Ninco Nanco, dormi bene, capitano. L’alba, lo sai, sarà nuova.
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