Non esageriamo, è solo l’Ici

O l’Imu, o come si chiamerà in futuro. È solamente di quello che ha parlato la Cassazione nella sua sentenza, stabilendo che anche le scuole cattoliche devono pagarla. Anche, appunto. Il pronunciamento della suprema Corte, in effetti, si basa su un principio semplice: possono essere esentati dal pagamento dell’imposta solo gli edifici di culto o destinati alle attività strettamente religiose. Nelle scuole cattoliche, paritarie o meno che siano, si insegna e per quello, inoltre, si richiede una retta: quindi, devono pagare (a meno che non si voglia sostenere che siano edifici di culto o destinati strettamente alle attività religiose; in quel caso, però, vacillerebbe non poco il concetto di strutture che offrono un servizio pubblico).

I responsabili della Cei parlano di “sentenza ideologica”, che è come dire, di pronunciamento preso sulla base di una convinzioni personali e non oggettive: strano per chi, sulla base di convinzioni di simile natura, vorrebbe si orientasse l’intera società. E, hanno aggiunto, “così si limita la libertà di insegnamento”. Nientedimeno! A me sembrava solo una tassa sugli immobili; non è che quelli che la pagano sulle loro case o sulle proprie attività s’arrischiano a parlare di riduzione del diritto all’abitare o freno alla libertà d’impresa. È un’imposta, si paga. Com’era, “date a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio”?

Ora, pure il fatto che l’emanazione diretta di uno Stato estero (sì, lo so che la Cei non è il Vaticano, ma sempre a quel vescovo di Roma risponde, no?) giudichi le sentenze del massimo organo giudiziario del nostro ordinamento, senza che nessuna delle istituzioni democratiche si senta in dovere di rispondere è già curioso; immaginate l’avesse fatto l’Ucoi (per dire della libertà di espressione, oltre che di religione e insegnamento).

Ancor di più lo sono le azioni da glass climbing estremo di quelli che si perdono nel discettare sulle differenze dovute alla natura delle scuole o del loro radicamento sul territorio: in pratica, lo Stato non c’è, e s’arrende al fatto che altri siano più capaci (immaginate questa logica applicata ad altri settori, e non dico quali, per carità di Patria).

Non commentabili, sebbene con una loro coerenza, le tante dichiarazioni dei molti baciapile, che dimenticano che sarebbe quella al di qua e non l’altra al di là del Tevere l’istituzione che dovrebbero servire.

In tutto questo, sarei curioso di sapere cosa ne pensa il Papa, visto che guarda sempre agli ultimi che, sebbene tra mille difficoltà, in nessun caso e per nessuna ragione potrebbero mai richiedere, tanto meno ottenere, il privilegio di non pagare quello che devono.

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