Confesso che spesso invento dialoghi, sfruttando le posizioni diverse e contrapposte che incontro sui social e nei commenti della cronaca politica, fra i discorsi sentiti in giro o nelle conversazioni a cui partecipo. Come ho fatto l’altro giorno, quando ho preso il pezzo di una chiacchierata con un amico (vero, non su Facebook, per capirci) per inserirlo in un siparietto artefatto in forma di status. Però poi ci ho ripensato, e ho ritenuto che quelle parole meritassero una riproposizione più fedele.
«Perché? Perché no? Sono sempre stato dalla loro parte, anche quando erano soli, pure quando era molto più facile stare dall’altra, e cosa mi rimane? No, non lo facevo per avere qualcosa, ma perché credevo che lottassimo per gli stessi obiettivi: poi ho scoperto che io ero contro il potere che faceva determinate scelte contrarie agli interessi degli ultimi, di quelli come me, mentre a loro interessava solo arrivare primi, diventare quel potere, e fare le stesse cose che prima facevano gli altri. E quando ho chiesto di partecipare, di poter per dire la mia, di contribuire alla scelta dei temi e delle questioni perché non m’andava affatto bene quello che si stava facendo, m’è stato proposto, al massimo, di votare per scegliere i capi, comunque sempre fra di loro. Ecco perché me ne sono andato, perché mi hanno respinto. Ed ecco perché farò di tutto perché perdano: perché saranno loro a perdere, non le mie idee, così com’è stato quando abbiamo pensato d’aver vinto».
Aveva risposto così alle mie domande sul come mai lui, da sempre impegnato fattivamente a sostegno di quello che, fra vari nomi, oggi è il Pd, non solo se ne fosse allontanato, ma provasse quasi rancore. Io stesso mi sono allontanato da lì, e di certo non contribuirò a farli vincere, per quanto dubiti che le mie forze bastino a determinarne la sconfitta. Però è diverso: non sempre li ho votati, specialmente quando han presentato progetti improponibili per me, come il veltronismo equidistante fra l’impresa e il lavoratore, come se ci fosse davvero una praticabilità di sinistra mediana fra un manager a stock option milionarie e un precario di una cooperativa a cui è subappaltata la pulizia degli stabilimenti della stessa azienda. Lui no, lui c’è sempre stato, è forse per questo fa più male, perché è a lui per primo che fa male quel distacco.
Ma quello che mi ha letteralmente gelato è stato ciò che ha aggiunto subito dopo, quando gli ho chiesto se non pensasse, come dicono, non lesinando i toni escatologici, i suoi ex compagni di partito, che la sconfitta di Renzi potrebbe segnare, addirittura, un crollo del sistema. «Si preoccupino quelli che in questo sistema stanno bene. Ho quarantatre anni, e i soldi che mi danno come inserviente nella casa di riposo in cui lavoro mi bastano appena. Quale sistema dovrei difendere; crollasse presto, per quel che mi riguarda. Se a te basta il lavoro che fai e i soldi che prendi, sono felice. Io non ce la faccio più, fra mutuo, bollette, tasse, un figlio che guardo crescere e che vedrò partire per fare lo sguattero in qualche birreria londinese in cerca d’un futuro, dei genitori che non riesco a curare come vorrei, una moglie a cui non so dare quello che merita e tutto il resto».
Mi sono fermato in silenzio, non volevo andare oltre. I miei 39 anni non sono molti meno dei suoi, e i 1.200 euro che prendo non sono tanti di più; certo, non mi lamento, e finché dura, tutto sommato, ho un discreto lavoro, seppure cercato a un migliaio di chilometri da dove son nato, come è uso per la razza a cui appartengo, da generazioni. I soldi, invece, beh, quelli si fanno bastare, e se inseriti in un’ottica diversa, per chi viene da secoli di stirpe cafona abituata a mangiare pan solo, diventano tanti, e più sicuri di quando s’era costretti a «guardare ogni giorno/ se piove o c’è il sole,/ per saper se domani/ si vive o si muore».
Guardo il mio amico, e la sua rabbia, ma non so armarne altrettanta. Deluso? Certo. Tradito? Ovvio. Rancoroso? No. Come il giunco nella piena, mi calo e attendo il riflusso. Se mi riesce, mi sposto di lato, ché nella corrente, a me, avete spiegato che non ci devo stare, che altri dovevano navigare e traversarla. Andate, quindi, io mi allontano dalla riva. Se vi servo, non chiamate; da lontano, non riuscirei a sentire.