Trump ha vinto. Dobbiamo augurarci che non sarà un disastro come si potrebbe temere, ma ha vinto e, per ora, è così. Sinceramente, trovo fuori luogo, se non stupide, le sortite quasi gioiose di quanti si dicono di sinistra, eppure accolgono favorevolmente l’esito statunitense solo perché, in fondo, non ha vinto la sinistra che a loro non piaceva. È come se si pensasse che è meglio che governino quanti sono più distanti dalle proprie idee di chi, in una certa misura, ha più di qualcosa in comune. Sempre che i primi siano davvero distanti, s’intende.
Sorvoliamo sulle miserie del dibattito quotidiano e proviamo ad andare oltre. Trump ha vinto, s’è detto, e lo ha fatto con numeri decisamente importanti. Pure questa è la democrazia, non discuto. Ma il fatto che siano in tanti, non significa che abbiano ragione. Di analisi ne abbiamo sentite tante, e non aggiungerò la mia. Credo però che sia un voto principalmente egoista: la maggioranza di quelli che han votato per lui lo ha fatto perché non è disposta nemmeno a concepire l’idea di dover rinunciare a qualcosa. Non è che credano a tutte le fandonie negazioniste sul cambiamento climatico, non è che siano convinti della sua capacità di far finire le guerre nel mondo in ventiquattr’ore, non è che non l’han sentito parlare di dar corso alla «più grande deportazione» di immigrati nella storia americana (lo avvertite un colpo allo stomaco?); è che se non sono d’accordo (e ci sono anche questi e non sono pochi), di sicuro sono disposti ad accettare tutto quello che lui ha minacciato, pur di non recedere dallo stile di vita che hanno o che immaginano essergli dovuto. Eppure, per quanto possano esser maggioranza, di qua o di là dell’Atlantico, non riescono a scoraggiarmi.
Non riescono a scoraggiarmi dal dire che i salari li alzi redistribuendo la ricchezza che finisce nelle sole tasche dei più ricchi, non festeggiando su un palco l’esclusione dei più poveri da quel benessere; che le risorse è meglio investirle in sanità e welfare per tutti e non nella costruzione di muri e nel pattugliamento dei mari contro le «huddled masses yearning to breathe free»; che il giusto non sta nella possibilità di avere parcheggiato nel vialetto di casa un pick up da 3 tonnellate e mezzo e 7 km per litro, ma nella necessità di ridurre il nostro peso sulla terra, per primi quanti, storicamente e attualmente, hanno avuto e hanno di più; che la libertà di una società non si misura sui livelli di possibile offesa del prossimo, solo perché così fan tutti, ma nella tutela dei diritti delle minoranze, perché quelli della maggioranza, al di là degli sproloqui interessati, sono sempre tutelati e garantiti; che non c’è nulla di etico nella difesa suprematista di una certa “bianchezza”, ma la via giusta per far vivere il mondo si trova con la coscienza perchè nell’essere umano in quanto tale va riconosciuto il proprio prossimo; che siamo tutti meticci e nessun vallo o blocco navale potrà mai fermare quel racconto collettivo di una migrazione che è la storia dell’umanità. E non riusciranno a scoraggiarmi dal combattere per tutte queste cose.
Etiamsi omnes, ego non; a volte è necessario dirlo, scomodando i paragoni più terribili