Sono le mani dei critici del dopo, le più forti a battere prima

«La dichiarazione di guerra è già stata consegnata… [boati e applausi dalla folla] …agli ambasciatori di Gran Bretagna e di Francia [esplosioni di giubilo]. Scendiamo in campo contro le democrazie plutocratiche e reazionarie dell’Occidente… [grida festanti anche in altre città collegate via radio, persino in quelle che poi si scopriranno pienamente resistenti e antifasciste] …, che, in ogni tempo, hanno ostacolato la marcia e spesso insidiato l’esistenza medesima del popolo italiano [cori e inneggiamenti all’oratore]».

Ieri era il 10 giugno. In quello stesso giorno, ottant’anni fa, dal balcone di Palazzo Venezia, a Roma, Mussolini seduceva il popolo italiano con l’annuncio dell’entrata in guerra al fianco della Germania. Appena qualche mese fa, l’11 ottobre del 2019, i calciatori della nazionale turca, in segno di appoggio alla decisione di Erdoğan di invadere la Siria, si mettevano platealmente sull’attenti e facendo il saluto militare, evidentemente rivolto al loro comandante in capo. Come osannanti verso il proprio leader erano le centinaia di migliaia, i milioni di tedeschi radunati negli immensi spazi allestiti dalla propaganda nazista, e pure gli austriaci, che festeggiavano a Vienna Hitler e la loro Anschluss al Reich, a un soffio dalla vigilia del secondo conflitto mondiale, il 15 marzo del 1938. Alcuni giornali, appena ieri, riprendevano con enfasi le foto di un satellite che dovrebbe dimostrare come, già ad ottobre, il virus circolasse a Wuhan, dato che il parcheggio dell’ospedale registrava 300 macchine in più dello stesso periodo dell’anno precedente (a me sembra che quel parcheggio abbia, nella seconda foto, un pezzo in più, che nella prima pare in costruzione, e magari questo c’entra, così per dire). D’altronde, all’epoca in pochi si fecero le domande necessarie, quando, nel 2003, il Segretario di Stato Usa Colin Powel mostrò al mondo quelle che garantiva fossero le prove inconfutabili del possesso di armi chimiche e di distruzione di massa da parte dell’Iraq di Saddam Hussein; come andò a finire, per quel Paese e su quelle prove, lo ricordiamo un po’ tutti. Poi le cose, nei casi già passati, andarono male, e potrebbero andar male ancora, e a volgere le ostilità, si è detto e si è detto probabilmente si dirà di nuovo, furono e saranno stati solo il duce, il sultano o il führer di turno, ma anche semplicemente il Commander in Chief democraticamente eletto o i decisori pro tempore da nessuno criticati, mai di chi, in modo convinto con entusiasmo, questi seguì o aiuta nel compiere il disegno di dominio o nelle azioni di aggressione che mette in campo.

Certo, la storia insegna sempre a studenti che mai vogliono imparare, e sarà così di nuovo e altre volte. Nondimeno, è disarmante che in ogni occasione avvenga, quasi in fotocopia. Basterebbe fermarsi e ponderare, non lasciarsi abbagliare dai miraggi di una potenza sempre menzognera o – e non so se non sia più grave – trasportare dal corso della corrente del conformismo, sempre pronto a blandire col servilismo il bugiardo potente del momento.

Basterebbe, appunto.

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