Non è il tempo delle bandierine

Se fossi bravo con le parole, la direi come ha fatto mio figlio, spiegando alla cugina della mamma perché lui l’arcobaleno dell’andrà tutto bene l’avesse fatto senza tricolore, a differenza dell’altro che aveva visto sul messaggio WhatsApp: «Io l’ho fatto, ma il mio è senza bandiera; deve guarire tutto il mondo, non solo l’Italia». Perché di suo ha già attraversato mezzo mondo (e no, non è un modo di dire), perché, forse, un po’ la nostra educazione ha svolto un ruolo, quella frase mi ha colpito. E l’ho trovata perfetta.

Tutto il contrario dell’emergere di sentimenti (che in alcuni casi sarebbe meglio definire ri-sentimenti) nazionalistici che si odono in giro. Fra questi, il contemporaneo “sovranismo”. Ed è davvero strano che tale ideologia oggi si possa accreditare (e invero riscuota non poco credito anche in menti non banali) quale soluzione possibile e perseguibile, proprio mentre stiamo vivendo una crisi che dimostra oltre ogni dubbio quanto i veri problemi e le sfide reali nel tempo che viviamo non si possano affrontare, nemmeno sperare di farlo, rinchiudendosi ciascuno nelle proprie frontiere.

Invece, sarà perché mancano tanto quelle dell’aperitivo, ci si appassiona alle bandierine dietro cui si immagina che ci si possa nascondersi. Se alzassimo valichi più alti ai confini, fermeremmo lì il contagio? Credo quanto più o meno altri sovranisti fermarono quelli che allora avversavano «su quella linea», ebbe a dire al tempo la loro triste guida, «che i marinai chiamano del bagnasciuga». Non s’arresta il virus ai limiti sulle carte geografiche, e non si arrestano lì gli effetti del cambiamento climatico, né le dinamiche vere, e non inventate, dell’economia reale.

Lì, invece, nel tetro scenario realizzato dalle teorie fatte proprie da nazionalisti aggressivi, al massimo si fermano e si arrestano, pure in senso poliziesco, gli uomini, che da quegli stessi mali che patiamo tutti sono sballottati, e ai quali, sovranisticamente, sbattiamo la porta in faccia. Salvo poi risentirci quando, nei giri immensi dei colpi inferti, quello stesso tipo di chiusura ci ritorna addosso, con la medesima indifferenza.

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