Ma forse quella gente non è mai esistita

«Hai nostalgia di quel mondo?», chiedeva Furio Colombo a Pasolini, in quella che nessuno dei due poteva immaginare sarebbe stata l’ultima intervista al poeta e a proposito delle immagini brechtiane di ricchi padroni e povere vedove e orfani poco prima evocate. «No!», risponde l’autore delle Ceneri di Gramsci, e spiega: «Ho nostalgia della gente povera e vera che si batteva per abbattere quel padrone senza diventare quel padrone». Già, anch’io. Ma nostalgia di che cosa, se non l’ho mai vissuto quel tempo.

Mi son tornate in mente le parole dell’intellettuale di Casarsa pensando al cosiddetto Decreto Sicurezza bis, approvato da quegli stessi grillini che, come ricorda l’ottimo Gilioli, qualche anno fa, per bocca di Grillo, dicevano che «la Polizia è dei cittadini, non del Potere». Poi quel Potere sono diventati loro, e loro è diventata pure la Polizia. Dopotutto, capita spesso di vedere i nati per abbattere le istituzioni fondare immediatamente una Čeka o una Stasi. O forse, anche qui, l’errore è di valutazione da parte di chi quella storia la legge, ne suo farsi o nel suo darsi già fatta: a quelli che danno l’assalto al Palazzo non interessa abbatterlo, il Potere, ma prenderlo, farlo proprio. Con tutti gli annessi e i connessi.

Forse, la nostalgia è inspiegabile non tanto perché non l’ho mai vissuta io, quell’era di cui parlava Pasolini, quanto perché nessuno l’ha mai vissuta, né lui, né altri. È un po’ quello che canta Vinicio Capossela nella sua bellissima e struggente Il povero Cristo, dove il miserabile guardato da colui che è sceso dalla croce, «Mangia verza e patate/ Intanto chi gli è sopra/ Si gode ori e alloro/ E ammucchia per sé solo/ Ricchezze smisurate/ Ma appena gliele ha tolte/ Non divide in uguaglianza/ Ma del padrone apprende/ Il pensiero e l’arroganza».

E tutto accade, e finisce, come nella Libertà. La novella di Verga, intendo.

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