Il potente vittimista

Ad rivum eundem lupus et agnus venerant, siti compulsi. Superior stabat lupus, longeque inferior agnus. Tunc fauce improba latro incitatus iurgii causam intulit: «Cur –  inquit – turbulentam fecisti mihi aquam bibenti?». Laniger contra timens: «Qui possum – quaeso – facere quod quereris, lupe? A te decurrit ad meos haustus liquor». Repulsus ille veritatis viribus: «Ante hos sex menses male – ait  – dixisti mihi». Respondit agnus: «Equidem natus non eram!». «Pater, hercle, tuus – ille inquit  – male dixit mihi!».

Scrive Fedro alla fine della sua favola che questa è scritta per quegli uomini che opprimono gli innocenti con falsi pretesti. Vero. Ma, a parer mio, vale anche per una fattispecie differente: quella del vittimismo a cui spesso i potenti cedono. Prendete il caso Banca Etruria. Al di là delle responsabilità e della natura dei fatti, l’immagine che i difensori di Maria Elena Boschi spesso tendono a voler veicolare è quella di un ingiusto accanimento sulla persona, «perché donna e perché giovane e persino perché di bella presenza», dicono non pochi tra loro (incautamente, perché non si accorgono che così offrono ai detrattori più cinici il destro di sorridere, lasciando mellifluamente osservare che se quelle peculiarità possono essere usate come bersaglio, c’è il rischio che lo siano state pure quali armi), cercando di volgerla, appunto, in vittima quasi indifesa. Bene, dal mio punto di vista, è una lettura che non regge. E non regge per un motivo preciso: qui non stiamo parlando di una ragazza aretina che prova a farcela in un mondo che la respinge, ma di una donna affermata, che, per più anni, è stata il volto stesso del potere e che, ancora oggi, è un’importante e competente rappresentante del Governo. Disegnarla quale fragile vaso di creta in un gioco più ampio e duro non solo non è veritiero, le fa anche torto.

Per farla breve, Maria Elena Boschi ha spalle larghe e sguardo deciso, lo stesso con cui quasi intimava a tutti i parlamentari di maggioranza di votare la fiducia ogni qualvolta – e sono state tante – la chiedeva in aula sui più svariati provvedimenti. Farne oggi, sul tema banche, una debole protagonista alla mercé di attacchi vili scagliati da piccoli uomini, non le rende giustizia. Novella Gulliver, dei dardi dei lillipuziani della stampa e della politica rancorosa, come si dice in questa stagione, dovrebbe sorriderne accorgendosene appena.

Se così non fosse, e non ho io elementi per non creder che tale sia effettivamente lo stato dei rapporti di forza, nell’Italia del tempo presente, l’intera assegnazione delle parti, fra nani e giganti, e il relativo discorso pubblico che su questa per tanta parte del Paese s’è andato sviluppando, andrebbero quantomeno ridiscussi.

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1 risposta a Il potente vittimista

  1. Italiote scrive:

    A molti, nel relazionarsi ad altri, sarà capitato talvolta di percepire differenze nel “senso della misura” a prescindere se i “processi alle intenzioni” li abbiano fatti o subiti.

    Le intenzioni vengono spesso desunte sulla base del valore dato alle conseguenze di azioni, ma non sempre ciò è affidabile: di lì il detto che l’inferno sia lastricato di buone intenzioni e che il paradiso lo sia di buone conseguenze.

    Non di rado le intenzioni, vere o presunte, riscuotono un interesse non strettamente proporzionato alle effettive conseguenze che hanno generato.

    Quando accade questo sta a mostrare quanto le intenzioni siano percepite come importati per via dell’indole sociale del genere umano.

    E non deve meravigliare neanche che talvolta quest’interesse sconfini nell’estetica e che non siano solo gli scrittori a curarsene, come ad esempio il Goethe che nel Faust lascia che mefistofele dica di essere «parte di quella forza che eternamente vuole il male e eternamente compie il bene»

    Anche nell’estetica vale la questione della misura. Estetica (delle intenzioni) nell’accezione artistica qualifica necessariamente gli esteti (da non confondere con gli estetisti).

    PS: «est modus in rebus sunt certi denique fines, quos ultra citraque nequit consistere rectum.» https://it.wikipedia.org/wiki/Est_modus_in_rebus

    Ed il vivere sociale presuppone si trovi il modo di stabilire quale debba essere anche se è presumibile che ognuno preferirebbe leggerlo dal proprio libro.

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