Non possiamo negare noi stessi, proprio per non cedere alle sirene dell’identitarismo

Sono davvero stanco di dover leggere, vedere, ascoltare dell’ennesima strage compiuta da terroristi o aspiranti tali. Stanco di dove piangere morti che non nulla avevano a che fare con le rivendicazioni della follia vestita da credo. Stanco di sapere che ci saranno altre madri a piangere figli usciti di casa col sorriso, finiti in strada per la rabbia assurda di un loro coetaneo.

E lo so, so quello che l’Occidente ha fatto nel mondo e so il male di cui si è reso colpevole. Ma come ho sempre condannato l’uccisione d’innocenti esseri umani in ogni maledetta nostra guerra così non posso non dire con forza che quelle persone nella Rambla non c’entravano assolutamente nulla con le brutture che le nazioni e i popoli d’Europa nel corso della storia hanno portato in altre terre. E poi, lo sappiamo ormai da tempo, il problema non è più nemmeno quello, ed è per questo che è sempre più difficile spiegare dove stia. Gli attentatori sono spesso cresciuti qui, a Barcellona come a Londra, a Berlino come a Stoccolma. Eppure, rivendicano una inconciliabile alterità e denunciano una difficoltà d’inserimento e integrazione. Che c’è, per tutti, loro compresi. Però non può bastare a spiegare quel che accade. Ché se a Barcellona, a Londra, a Berlino o a Stoccolma non ci si riesce a integrare, forse, e lo dico con tutta la riflessione necessaria a quanto sto scrivendo, forse, ripeto, è da prendere, seriamente e consequenzialmente, in considerazione l’ipotesi che non sia in questa parte di mondo che si voglia vivere e crescere.

No, non rivendico nessuna reconquista identitaria e culturale, tutt’altro. Barcellona oggi come Londra, Berlino e Stoccolma ieri, o prim’ancora New York, che quel che vale per il vecchio continente può andar bene anche all’America, nonostante Trump, sono i simboli del tentativo d andar contro ogni forma di chiusura. Se lì, se quei posti diventano il nemico e l’emblema da colpire, allora e qui che non si vuol stare.

Diamoci tutte le colpe che vogliamo, e faremo ogni volta bene a farlo. Ma noi europei abbiamo già da tempo fatta nostra la lezione dei mali a cui può portare l’identitarismo e parole d’ordine come «Dio, Patria, Famiglia». Da quella presa di coscienza nasce il nostro relativismo, che ha un limite intrinseco che non è possibile raggiungere: la negazione dello stesso relativismo come metodo e modo.

Se noi, infatti, non vogliamo usare l’identità come la clava per combattere le differenti forme del vivere civile, nemmeno altri possono farlo. Se per noi la crescita degli Stati moderni esiste nella sola dimensione laica e non confessionale, nessuna religione dovrà potersi sottrarre a questa evoluzione. Se il pensarsi superiore a qualcuno per fede, lingua o costumi è il male da cui tutto discende, non possiamo consentire che alcuni si arroghino il diritto di farlo in nome di una strumentalmente usata diversità, perché commetterebbero gli stessi abomini che cerchiamo di combattere e sconfiggere.

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2 risposte a Non possiamo negare noi stessi, proprio per non cedere alle sirene dell’identitarismo

  1. Fabrizio scrive:

    Da i cinque di Cambridge a Cambrisse (l’inizio e la conclusione….)
    dal 2014 Utoja alla Rambla 2017,Remember anime di vita quotidiana globale;
    Satira,Musica,Movida,Mobilita’,Arte,Istituzioni,…….
    Rambla, l’anime spaziali culturali e sociali nel contesto globale di assieme della quotidianita’.

    P.S. e’ di sinistra andare fino in fondo per portare in superficie la conoscenza; chissa’ se prima o poi ci sara’ una vera sinistra!

  2. Fabrizio scrive:

    la reale , cruda e felice, quotidianita’ a zig/ zag !

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