Ben trovati, fratelli disobbedienti

Quasi sicuramente, avrete letto degli scontri di martedì sera fra i tavolini della movida torinese. Polizia in assetto antisommossa, giovani dei centri sociali, ragazze e ragazzi che non centravano nulla, gestori dei locali che si sono visti sfasciare i loro investimenti. Insomma, un’immagine indegna della città e frutto dell’incompetenza gestionale, che con un divieto alla vendita di alcolici in contenitori di vetro pensava di risolvere il problema che da anni vede contrapposti divergenti interessi e, come molte volte accade, può diventare pretesto per critiche e contestazioni che nulla hanno a che fare col merito. D’altronde, non ho mai capito in cosa differisse lo stile Appendino dalla cialtroneria approssimativa del modus operandi del grillino medio alle prese con l’amministrazione che in tanti le riconoscevano; i fatti di Vanchiglia dopo quelli, assurdi, di piazza San Carlo, se necessario, ne chiariscono la tronfia vacuità e l’assoluta inadeguatezza.

Ciò detto, io ritengo che contro una legge, una disposizione e persino un’ordinanza comunale ingiusta, giusto sia ribellarsi. In una piazza del centro come in una valle alpina o lungo una frontiera in riva al mare. E sempre giudico sbagliata la repressione violenta di quella disobbedienza. Allo stesso modo, penso che in eventuali scontri tra forze dell’ordine e dissidenti, la responsabilità principale ricada su chi quei provvedimenti ha definito e approvato. Con piacevole stupore, scopro che questa tesi è condivisa anche da quanti spesso han censurato il dissenso, pronti a difendere oggi chi si batte con durezza per il diritto allo spritz nel bicchiere di vetro, laddove ieri stigmatizzavano quelli che lo facevano per l’autodeterminazione dei popoli e delle popolazioni o per garantire a tutti la possibilità di cercare dove vogliano la speranza di una vita nella loro terra negata. Ma sono d’accordo con voi, ritrovati fratelli disobbedienti.

Ovviamente, il sarcasmo della critica deve poi avere un punto di caduta, altrimenti rischia di generare confusione. Quelli che giudicano responsabile per la tensione che ha generato gli scontri chi ha disposto la norma che ne è stata all’origine, dov’erano quando situazioni simili erano scatenate dalla militarizzazione dei cantieri, dall’imposizione di un’opera pubblica, dalla chiusura di un confine? Dov’erano quando derivavano da un provvedimento di sgombero di occupanti senza titolo di un immobile altrimenti vuoto e abbandonato? Dov’erano in tutti gli altri casi in cui la polizia si è mossa a seguito di una legge da loro stessi voluta e votata?

Definivano «terroristi» quanti rivendicavano il diritto di battersi per la casa o la pelle ma si pongono a fianco dei combattenti per la libertà del negroni sbagliato (sarebbe più giusto dire del peroncino, visto che il divieto riguarda i contenitori in vetro, ma temo che pochi di quei guerriglieri sappiano cosa sia un peroncino); in tutto questo c’è un’ironia dei fatti che, più che muovere al riso, porta alla considerazione che – gli uni e gli altri, perché chi attacca, similmente è stato attaccato – il personale politico attuale non entra nel commento della realtà per quella che è, ma semplicemente divide il mondo in opposte tifoserie, e difende o colpisce un’idea, una parola o un gesto esclusivamente in ragione del lato da cui proviene o in virtù di quello a cui si rivolge.

Non ci restano che le parole di Cicerone: mala tempora currunt

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