C’era una volta, su un’isola vicina, una classe dirigente

Sarà il provincialismo che innerva, quasi fosse una tara, il nostro modo di pensare a noi stessi o semplicemente una superficiale, e modaiola, esterofilia, fatto sta che quando pensiamo agli altri Paesi vicini, in media, lo facciamo per apprezzarne modi e forme, per non dire della serietà. Ecco, da ora, almeno per quanto riguarda le qualità delle classi dirigenti, potremo non essere più tanto timidi e tristi come novelli Calimero.

Prendiamo la Gran Bretagna, quella che una volta era famosa per avere rappresentanti in grado di parlare il linguaggio della verità, sebbene potesse suonare duro e cupo come lacrime e sangue. Il leader dei conservatori, alle elezioni generali del 2015, promise che, se fosse stato eletto, e per battere un comico che faceva paura a quanti avevano scelto la politica quale mestiere (come vedete, nemmeno questa è una nostra originalità), avrebbe concesso un referendum sull’uscita dall’Unione europea. Vintele, anche perché i laburisti, dopo anni di imitatio dextrae erano finiti a raccontare bugie sulle armi chimiche per giustificare la guerra come i cugini capaci di strozzarsi con le noccioline dall’altra parte dell’Atlantico, mantenne quella promessa, ma lui, certo della volontà dei sudditi della regina di rimane nell’Ue e scommettendo su questa quasi fosse una semplice corsa ad Ascot, si dimise per non dover affrontare in prima persona le trattative per la Brexit. Chi a lui succedette, spiegando che non poteva condurre quei vertici senza avere a Westminster una piena maggioranza di governo a sostegno del divorzio da Bruxelles, parlò e chiese elezioni anticipate. Detto, fatto: dopo il voto, quella maggioranza è ancora più bassa, e oggi, per formare un governo sostanzialmente identico al precedente, ha bisogno dei voti degli unionisti dell’Ulster che, erano per il remain nel consesso continentale.

Come sempre, però, lungi da essere mezzo gaudio, il mal comune è epidemia. Alla stregua d’ogni altra cosa degli uomini, persino la cialtroneria delle élites dev’essersi globalizzata, se è vero che in mani come quelle di Trump è finito lo Stato più potente della  terra. O forse, la colpa non è solo e non tanto di quelli che siedono alla guida delle nazioni. Per dire, i coreani del nord possono al massimo recriminare sull’incapacità di trovare forze e risorse per liberarsi da un dittatore pingue quanto pericoloso, ma almeno non possono colpevolizzarsi d’averlo scelto.

I popoli del cosiddetto mondo libero e democratico, non proprio; li avremo pur votati, no?

Questa voce è stata pubblicata in libertà di espressione, politica, società e contrassegnata con , , , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento