La Bce e la scoperta della realtà

«Gli economisti della Bce notano che la ripresa dell’eurozona ha creato, a partire dalla metà del 2013, circa 5 milioni di posti di lavoro e la disoccupazione è scesa più rapidamente del previsto. Dietro alle cifre della disoccupazione ufficiale, tuttavia, ce ne sono altre che rivelano come un altro 3,5% della popolazione in età da lavoro al momento “inattivo” […]. C’è poi un altro 3% attualmente sotto-occupato, che lavora meno ore di quante vorrebbe. […] La combinazione delle stime dei disoccupati e dei sotto-occupati con le misure più ampie della disoccupazione, che peraltro presentano alcuni problemi di misurazione, ammette la Bce, suggerisce che la capacità inutilizzata attualmente riguarda il 18% della forza lavoro dell’eurozona». Così Alessandro Merli per il Sole 24 Ore sui dati diffusi dagli uffici di Francoforte.

In sintesi, le rilevazioni dell’istituto diretto da Mario Draghi ci dicono che i senza lavoro effettivi siano esattamente il doppio di quelli che le statistiche ufficiali raccontano. Questo perché gli scoraggiati non diventano occupati solamente perché smettono di cercare un impiego, perché lavorare solo poche ore alla settimana non significa davvero aver risolto i propri problemi e perché, se al contrario fosse come ci raccontano gli entusiasti cantori della fine della crisi, non ci si spiegherebbero i tanti fenomeni di disagio, e conseguente protesta, con cui tutti i giorni facciamo i conti. Praticamente, la Bce scopre la realtà che già in molti conoscevano per il semplice fatto di viverla quotidianamente sulla propria pelle, e la addita a tutti dicendo semplicemente «hoc est».

Ma il fatto che sia dal vertice delle istituzioni economiche e finanziarie d’Europa che arrivi quel monito alla riconnessione con la verità è comunque di un’importanza da non sottovalutare. Perché fino a quando a raccontare quello che si nascondeva sotto il velo dei numeri opportunamente centellinati dai report erano i sindacati o qualche forza di opposizione, il gioco facile dei governanti poteva essere il semplice appello a non credere ai profeti di sciagura interessati, ai «gufi» e ai «rosiconi», per dirla col linguaggio della politica nostrana.

Se lo dice Draghi, invece, il giochino del «dagli all’antisistema» è un po’ meno agevole.

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