La frattura che non so come (né se) si ricomporrà

Ci pensavo l’altro ieri, durante un dialogo sui temi del referendum con Alfredo D’Attorre. Ne ho avuto la conferma nel pomeriggio, dopo la decisione di Prodi di annunciare il suo voto favorevole alla riforma costituzionale e le reazioni che ho letto in entrambi i fronti, soprattutto nei commenti a mezzo social dei vari militanti. Un annuncio, il suo, lo dico per necessità di precisazione, che in nulla cambia l’opinione che ho di lui, e non l’avrebbe cambiata nemmeno se fosse stato di segno opposto.

Pur non giudicandola poco chiara, superficiale e modesta come fa l’ex presidente del Consiglio, ritengo la riscrittura della Costituzione in discussione una soluzione sbagliata nel merito e un precedente poco rassicurante per il metodo con cui ci si è arrivati, facendo della Carta di tutti una questione di parte. Per questo, al contrario del cofondatore (con D’Alema) dell’Ulivo, voterò “no”, ma non accomunerò il suo “sì”, come quello di Cuperlo o di altri, anche di Renzi, a quelli di Alfano, Formigoni e Verdini: le loro storie e le loro motivazioni sono diverse, e non cambieranno perché voteranno domenica nello stesso modo. Non mi aspetto altrettante concessioni, ma non me ne dorrò; se dall’altro campo dello schieramento referendario non si riconoscerà a me e altri identica differenziazione rispetto alle parti che la scelta binaria forzatamente crea, poco male. Pure in questo caso, il giudizio che ho di chi accomuna il mio voto a quello di Berlusconi, Grillo, Salvini o altri da cui sideralmente sono distante per idee e valori, non cambierà.

E questo non perché io sia diventato un predicatore laica di pace e serenità, ma perché, semplicemente, non è da quei particolari che si giudicano i politici. Il voto a favore della Costituzione nata dalla Resistenza fa di Casa Pound un pilastro dell’antifascismo? Non scherziamo. Così come il mio incidentale votare nello stesso modo, su una scheda che solo due ne ammette, con Grillo o Salvini, mi rende sostenitore delle ragioni antipolitiche da cui il M5S muove o delle teorie antimeridionaliste dalle quali la Lega prese abbrivio? Giudicate voi. Ripeto, vale per gli altri come per me: non sono tutti uguali i “sì”, tantomeno quelli che li esprimono, come non lo sono i “no”.

Però, qui oggi siamo: a rinfacciarci vicendevolmente rapporti di prossimità e a dividerci sul terreno che, in una nazione che si fa Stato, dovrebbe essere il terreno di unificazione e di condivisione. Di questo, e mi dispiace davvero, perché per questa valutazione non muovo partendo da un pregiudizio, ma vi giungendo allo scoprire lati non conosciuti nelle donne e negli uomini della parte che ho sostenuto, la responsabilità maggiore è di chi ha deciso la strada da seguire, vedendone la prosecuzione della sfida fra sé e gli altri.

Spero che da lunedì sapremo archiviare questa stagione di passioni tristi.

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