E se il problema, più che il sistema, fossero i “sistemati”?

“L’Italia è bloccata dal rimpallo legislativo fra i due rami del Parlamento”. “Il bicameralismo perfetto è un sistema inefficiente”. “Senza un cambiamento radicale dell’impostazione istituzionale del Paese non riusciremo mai ad affrontare le sfide del futuro”. Sono concetti e ragionamenti che spesso mi capita di incontrare in questa strana stagione di innamoramento del cambiamento per il cambiamento. Sembrano razionali, parlano di efficacia ed efficienza, dicono di come dev’essere una nazione per affrontare il domani, ma, a mio parare, scordano un pezzo importante: il sistema che criticano oggi è lo stesso che c’era ieri.

E se questa sua provenienza dal passato può indurre qualcuno a trovare ragioni per il suo superamento, vorrei ricordare che, dal ’48, siamo usciti dalla miseria lasciata dal secondo conflitto mondiale e figlia di un’arretratezza atavica, un Paese in molte zone arcaico e preindustriale è divenuto uno Stato moderno, sono state superate molte crisi economiche, si è combattuto il terrorismo interno mentre ci si muoveva nel complicato scenario della guerra fredda, conosciuto l’emigrazione per miseria d’intere parti della nazione riuscendo a porre le condizioni per entrare nel G7, affrontato la sfiducia, pure quella internazionale, sapendo trovare un ruolo di rilievo nei processi di unificazione europea e su altri scenari non meno importanti. A volte, ripensando a tutto ciò, mi chiedo: non è che il problema, più che il sistema, siano i “sistemati”? E se è così, la soluzione è davvero trovarne uno in grado di sopperire a quei limiti di qualità personali e non di potenzialità istituzionali? E ancora, fino a che punto sarà poi necessario scendere per inseguire con le regole quello che non si riesce a fare con le capacità?

Certo, mi si potrebbe obiettare che il mondo è cambiato e che ora ci sono esigenze diverse che chiedono risposte differenti. Può essere. E sarebbe per questo motivo che si è iniziato a mandare in Parlamento per cercare le soluzioni gli antonirazzi e i domenichiscilipoti, le paoletaverna e le alessiemorani, gli ernesticarbone e i carlisibilia? Insomma, se si sono scelti statisti di tal calibro (e le liste bloccate confermano solamente che questo era l’intendimento dei partiti, altrimenti non li avrebbero scelti), non si può pensare che la colpa sia del sistema, né si può cercare di adeguare questo al livello e alle peculiarità di quelli.

Anche perché, per una simile opera, il modello sarebbe San Patrizio. Il pozzo, non la cattedrale.

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2 risposte a E se il problema, più che il sistema, fossero i “sistemati”?

  1. Tugnazz scrive:

    Non è la prima volta che si cerca di risolvere i problemi della politica o dei politici con l’ingegneria istituzionale. E’ successo più o meno lo stesso (anche i toni si somigliano) al tempo dei referendum proposti da Segni per il superamento del proporzionale. E ovviamente la storia seguente ha riproposto problemi che si pensavano superati, Insomma per un guasto all’impianto idraulico chiamiamo l’elettricista.
    Auguri!

  2. Enrica scrive:

    Nell’elenco non possono mancare le pinepicerno. La sua tesi di laurea: “Il linguaggio politico di Ciriaco De Mita”. Tanto tempo fa avrei pensato che non c’entrasse nulla col PD, ho cambiato idea: c’entra e come se c’entra.

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