Il volto dell’ira molesta

Le volte in cui m’è capitato di ascoltarlo, l’ho fatto in silenzio. Anzi, in una di queste ho anche tacitato un amico che continuava a parlarmi, distraendomi. No, non è venerazione, che ho su questa terra per una sola persona e che per genere, età e caratteristiche differisce da lui in modo sostanziale. È rispetto, modo, per dirla come me la spiegava mia madre, educazione. Lui è Zagrebelsky, io no.

Invece, alla festa de l’Unità a Torino, una ragazza ha inveito contro quello stesso Zagrebelsky, intimandolo di parlare di contenuti perché lui s’era permesso di ricordare la personalizzazione fatta dal premier sulla riforma della Costituzione. «Gentile signora, avremo tutto il tempo», risponde pacato il professore. «No», sbraita un altro seduto nelle prime file della platea, «non abbiamo il tempo, deve dirci perché “sì” e perché “no”!», ritmando le parole col gesto della mano. «Cari amici», prova a ripartire il costituzionalista, «io sono venuto qui per parlare di contenuti, però…», «allora si sbrighi!», altre urla dalla folla lo interrompono. «Però», riprende, «non credo che sia vietato introdurre i contenuti in un quadro generale». Le grida non cessano, e il presidente emerito della Consulta non può far a meno di sottolinearne la maleducazione. Ecco, se c’è un tratto peculiare della stagione che stiamo vivendo è in quelle contestazioni. No, non le critiche del popolo ai baroni, macché; semplicemente il coro schiamazzante dei supporters del potere che aggrediscono le voci dissenzienti o semplicemente dissonanti.

Verrebbe da dire a quella ragazza e a quell’uomo: signori, diventate prima Zagrebelsky, o almeno leggete la metà dei libri che ha letto lui, al limite, di quelli che ha scritto, e poi contestatelo pure sui «contenuti». Ma così, senza spiegare quali contenuti difendiate voi, se non una imprecisata riduzione dei posti e dei costi della politica, roba da bassa demagogia e penoso populismo, è umiliante per chi muove quell’accusa rancorosa, non per quello che la riceve.

Appunto, verrebbe, al condizionale. Nella realtà, sarebbe, anzi, è, tempo sprecato. Il volto di quella giovane donna è l’immagine migliore del “nuovismo” realizzato nella pratica della forza. Rabbioso senza un motivo, dalla parte dei forti, ché il Governo è tale per sua stessa natura, contro il pensiero non allineato, triste nel suo viso tirato in un’espressione d’ira che non comunica rivolta contro il sistema, come la narrazione del “sì” pare intenzionata a esporre, ma spiega la protervia di quelli che fanno il coro alla rappresentazione del potere credendosene gli attori.

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1 risposta a Il volto dell’ira molesta

  1. Enrica scrive:

    Anche ieri sera, al di là dei contenuti, mi ha colpito la differenza di educazione.
    Smuraglia pacato, Renzi urlatore. Il primo citava la grande politica e gli ideali fondanti della Costituzione, il secondo si rifugiava nell’attacco personale. Forse perché è uno specialista in questo sport.

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