A patto che

Per Forza Italia, il patto del Nazareno è finito. L’Ncd considera questo fatto un guaio, che potrebbe portare alla fine del percorso delle riforme e (dio non voglia per gli effetti sull’unica loro pre-occupazione) a quella della legislatura. E devo dire che è un punto di vista che capisco: non lo condivido, ma lo comprendo. Per il Pd, invece, come dice la vicesegretaria Debora Serracchiani “è meglio così”. Addirittura, aggiunge il presidente Matteo Orfini, “ora sarà più semplice fare le riforme”.

Ecco, questa è una posizione che non capisco. Come mai se finisce il patto fra Renzi e Berlusconi, per quelli che ne difendevano fino a ieri la bontà e la necessità dovrebbe essere più facile fare le riforme? Non era stato pattuito proprio per quello, e non erano “frenatori” coloro che l’avversavano? Vorrebbero forse dirci che il freno era il patto stesso, e di conseguenza “frenatori” i pattuenti?

In ogni caso, se il patto si spatta, io sono contento. E devo dire che per le riforme, adesso più semplici e veloci, faccio pure il tifo, a patto che esse non contengano quelle brutture che contenevano prima. Cosa, peraltro, che dovrebbe essere molto agevole realizzare.

Insomma, per la legge elettorale non si sono scelti i collegi uninominali sul genere di quelli del Mattarellum perché non li voleva Berlusconi. E non si sono previste le preferenze per tutti nell’Italicum per lo stesso motivo. E così per la possibilità di candidature multiple e l’esclusione di primarie regolate per legge o di paletti certi collegati alla legge elettorale per i casi di conflitti di interessi. Ora che il Caimano non è più determinante e vincolante, quelle cose possono essere modificate, no?

E vado avanti. Se Renzi dice “basta ai ricatti dei partitini” sono felice: è tempo di finirla con le minacce di gente che ha più incarichi di governo che voti, come il Nuovo centro destra di Sacconi o Scelta Civica di Ichino. Quindi, mollassero anche il tiro sulle pressioni a proposito di riduzione dei diritti dei lavoratori, licenziamenti, collettivi e individuali, e contratti unici e nazionali. Che si facciano i decreti attuativi del Jobs Act più in linea con la tradizione socialdemocratica (il Pd è convintamente nel Pse, giusto?) e si cestinino alcuni obbrobri contenuti nel “decreto Poletti” o nello Sblocca Italia, inseriti, chiaramente, per le pressioni politiche fatte dal partitino di Alfano e Lupi.

A meno che quel patto non fosse pure un alibi, e quei ricatti delle comode scuse. “Questo non credo”, come direbbe il Razzi di Crozza; ma il Pd, i suoi eletti e i propri dirigenti hanno finalmente la possibilità di dimostrare di che pasta son fatti gli ideali che professano nelle campagne elettorali.

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2 risposte a A patto che

  1. AndreaB. scrive:

    E’ abbastanza sconcertante che solo poche persone abbiano fino ad ora messo in risalto queste profonde contraddizioni di Renzi e pretoriani.
    Personalmente posso capire sia la posizione di chi era contro questo schema che la posizione di chi era a favore.
    Non riesco invece proprio a capire come si possa decantare per oltre un anno le salvifiche virtu di un patto e poi d’improvviso dire che quel patto e’ meglio che non ci sia.
    Del resto questa giravolta e’ solo una delle tantissime giravolte. Quello che piu stupisce e’ che molte persone non riescano (o non vogliano) vedere le tante contraddizioni.

  2. Giuseppe scrive:

    “ma il Pd, i suoi eletti e i propri dirigenti hanno finalmente la possibilità di dimostrare di che pasta son fatti gli ideali che professano nelle campagne elettorali.”
    L’imbonimento e la menzogna hanno scelto la parola come il piu’ efficace mezzo di trasmissione e propaganda. InItalia potrebbe anche sorgere un Syriza .Ma il giorno dopo , quando c’è da fare i turni per tener aperta la farmacia gratuita o da servire i pasti per i nullatenenti, non trovi piu’ nessuno.

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