Il Quirinale e le minoranze

Per l’individuazione del nuovo inquilino del Quirinale, ci vuole il maggior coinvolgimento possibile, che diamine. E va da sé che le minoranze devono essere coinvolte. Così come è certo che bisogna tener conto delle opinioni di tutti, e che nessuno può porre veti a qualcuno.

Il presidente della Repubblica non si è ancora dimesso, ma è iniziato il festival delle ovvietà. Può chi rappresenta l’unità della Nazione essere eletto ignorando anche solo il tentativo di coinvolgere le diverse forze del Parlamento? Si può immaginare un presidente di una sola parte? Avrebbe senso dire: “vogliamo un capo dello Stato eletto a colpi di maggioranza, contro le opposizione e non garante del rispetto delle opinioni delle forze politiche minori”? Certamente no. Allora, è inutile affermare il contrario. Anche perché poi, quella ricerca e garanzia di unitarietà, dopo averla predicata, bisognerebbe pure praticarla. Così non sempre è stato.

In questi ultimi anni, almeno dal novembre 2011, l’inquilino del colle romano più alto ha sempre messo in campo una sua particolare ricerca della convergenza, che mirava a uno schema prefissato e puntava all’esclusione di chi, in quello, non voleva starci. Le larghe intese sono la creatura più emblematica di questa stagione politica, e di chi, nel bene e nel male, l’ha guidata.

Una tesi così fortemente sostenuta dal presidente della Repubblica che lo stesso non ha esitato a stigmatizzare con forza quanti lavorassero a uno schema politico diverso, bollato come “pericoloso” e “velleitario”, chi puntasse a una rapida fine di questa esperienza legislativa, discussioni definite spreco di “inchiostro”, fino a parlare apertamente del dissenso interno agli stessi partiti e alla ipotesi di scissione (soluzione attuata finora unicamente da quelli che sorreggono il suo schema politico, ma sulla quale non ha proferito parola), archiviate come “confuso, nervoso agitarsi che torna ad evocare, in quanti seguono le vicende dell’Italia, lo spettro dell’instabilità”.

Più che chiedere il coinvolgimento delle minoranze nell’individuazione del successore di Napolitano, io chiederei a chiunque esso sia di coinvolgerle dopo, o almeno di rispettarne il diritto a pensare diversamente, senza bollare le loro idee politiche di velleitarismo e pericolosità o definirle potenzialmente generatrici di scenari dannosi. E che ne rispettasse il legittimo diritto all’opposizione dura, determinata e finalizzata, se mai così fosse, a far finire il prima possibile un’esperienza politica per tentare di determinare un modello a essa alternativo, quand’anche minoritario, pur sempre legittimo.

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