Si sono dimessi gli altri

Tocci vuole dimettersi da senatore, lo ha scritto qua. Cosa penso delle sue parole, ne ho scritto qui. Ma il problema è che, senza accorgersene, gli altri, tutti quelli che hanno votato al Senato la fiducia sulla legge delega al Governo per la riforma del lavoro, lo hanno già fatto. E lo faranno coloro che la voteranno (perché andrà così, lo sapete vero?) alla Camera.

Certo continueranno ancora a vestire il laticlavio e fregiarsi di quell’onorevole appellativo, terranno ancora guarentigie e indennità, avranno ancora tutte le prerogative della carica, ma nei fatti hanno rinunciato al loro ruolo principale: quello di legislatori. Votando la fiducia su una delega in bianco all’Esecutivo perché esercitasse quel potere in una materia così sensibile, che tocca i diritti dei cittadini nel loro essere lavoratori, quei parlamentari si sono dichiarati superflui, e hanno così praticato la rinuncia a svolgere il proprio mandato.

Il senatore del Pd, con le sue dimissioni, mette il dito nella piaga, dopo averla denunciata il giorno prima, quando, intervenendo nella discussione a Palazzo Madama, ha fatto notare che il Governo “chiede al Parlamento una delega a legiferare mentre impedisce al Parlamento di precisare i contenuti di quella stessa delega. Il potere esecutivo si impadronisce del potere legislativo per disporne a suo piacimento, senza alcun contrappeso istituzionale. Il Senato delega per sentito dire nelle televisioni, senza quei ‘principi e criteri direttivi’ prescritti dalla Costituzione”.

Renzi dice che serve una riforma del lavoro, Renzi impone la sua visione a una direzione di partito fatta a sua immagine in seguito ai risultati del congresso, Renzi pone la fiducia su un testo variamente ampio e vago che consegna a quelli che devono approvarlo a poche ore dal voto. E questi, come un sol uomo, lo votano, dichiarando, a priori, che comunque, in caso di fiducia, avrebbero votato a favore del Governo. Indipendentemente dal testo, dato che ancora non lo conoscevano? E qualunque cosa esso contenesse? Anche dopo essersi apertamente espressi con parole di forte contrarietà? Sì, è così.

Tocci vota quella fiducia e si dimette, perché a quel punto diventa inutile il suo rimanere lì. Cammina con i suoi compagni dentro quel baratro, ma rimane lucido abbastanza da trarne le conseguenze. Il Parlamento non è più luogo della discussione e del confronto, non tra i partiti, perché chi sta col Governo approva ciò che questo propone e a chi gli si oppone rimane sempre meno spazio, fra decreti e mandati fiduciari, non nei partiti, visto che a quello che decide la direzione, il gruppo parlamentare deve adeguarsi. Il Parlamento non è più il luogo della rappresentanza, perché questa è stata sacrificata sull’altare della governabilità. Il Parlamento non è più nemmeno il luogo dell’esercizio del potere legislativo, anche questo ceduto ai detentori di quello esecutivo a furia di decreti, voti di fiducia e ora anche deleghe ampie e non dettagliate. A cosa serve, allora, rimanervi all’interno?

Allo stesso modo, a che servono i partiti, se la discussione interna finisce sullo scoglio dei numeri? A che servono i corpi sociali intermedi, se qualsiasi loro posizione è vanificata dai rapporti di forza? A che serve la democrazia, se in fin dei conti è solo un modo per contarsi a ogni tornata e a chi ha opinioni risultanti minoranza, rimane solo la possibilità di rassegnarsi alla marginalità, o disfarsi di queste e correre in soccorso della maggioranza?

Nel calo della partecipazione credo stia la risposta a tutte queste domande.

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