Nocciola e fiordilatte

“Mi aspetterei che tutte le fabbriche del disfattismo e del pessimismo la smettano di produrre un’atmosfera che non è soltanto di odio e di violenza nella politica ma che è anche negativa sul piano dei consumi e degli investimenti”.

Ci mancano solo i gufi, i rosiconi e la palude, e poi potrebbe essere annoverata fra le dichiarazioni del Governo dei noi-siamo-i-giovani-i-giovani-i-giovani. Invece, sono parole del primo che ci aveva abituato all’idea che un premier potesse ritenere che l’opposizione non fosse contro la sua azione politica contingente, ma contro l’idea stessa di Paese, ipostatizzata e di per sé assunta.

Quando, però, Berlusconi diceva quelle cose o altre simili, l’opinione dei commentatori dei fatti politici, o anche solo delle questioni di costume, era sostanzialmente improntata alla stigmatizzazione, quando non direttamente alla derisione. E a giusto titolo, aggiungerei.

Così come non erano ritenuti “nemici del cambiamento” o riluttanti al nuovo quelli che mettevano in risalto la poca esperienza celata dietro un certo giovanilismo d’apparenza, strumentalmente addotto dai giunti al potere grazie alle loro doti di fedeltà, prima, o nonostante, la dimostrazione delle proprie competenze. Per tacere della totale assenza dell’accusa di sessismo se e quando quei rilievi eran mossi a giovani donne, e con toni disgraziatamente più triviali di quelli che, con pena e tuttora, abbiamo dovuto ascoltare nella stagione attuale.

Eppure, era solo ieri, mentre oggi quelli che allora criticavamo gli apprendisti stregoni del berlusconismo, hanno così tanto cambiato opinione d’aver scelto proprio loro come partner più affidabili e sicuri, in barba alle indicazioni degli elettori, per i compiti di governo e nella “stagione delle grandi riforme”.

Immaginate come avrebbero commentato quelli che riempivano i loro giornali di post-it gialli, se fosse stato Berlusconi a presentare le sue idee sulla riforma della giustizia e sulla responsabilità dei magistrati dicendo: “chi sbaglia deve pagare”? Cosa avrebbero scritto gli editorialisti contriti per i continui tagli alla ricerca, se il presidente del Consiglio, invece di aumentarne i fondi a sostegno si fosse limitato a farsi filmare sotto una cascata d’acqua gelata? Gli austeri critici della diplomazia del cucù, con quali parole avrebbero censurato lo spettacolo offerto dal carretto dei gelati nel cortile di palazzo Chigi perché al suo inquilino guascone è venuta l’idea di rispondere a giornalisti dubbiosi sulle sue capacità, sbeffeggiandoli con un istrionico: “crema e limone”?

Invece, a quanti eccepiscono su modi e mezzi del giovane leader, da quelle stesse voci, viene risposto di tacere in attesa dei traguardi e dei fini, e di non disturbare il manovratore del treno che va veloce e sicuro verso la sua meta, anche se nessuno s’è ancora premurato di chiarire quale sia.

O tempora, o mores; cosa volete che vi dica? Evidentemente, questa è la cifra politica dei giorni presenti: “nocciola e fiordilatte, grazie”.

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