Oltre il tifo e il malaugurio

È possibile fare un ragionamento serio su quanto sta avvenendo, senza per forza essere schiacciati fra tifosi e portatori di sventura? Cioè, si può dire che questa operazione per cui Renzi è andato a Palazzo Chigi senza passare dal via non convince, perché è proprio l’impianto a non essere convincente, senza essere descritti come menagramo dalle falangi armate dell’ex sindaco? E si potrà dire questo, senza che si sia visti come organici al dissenso populista e demagogico?

Oggi il tifoso e il menagramo condividono la stessa impostazione acritica. Per l’uno, Renzi sta facendo bene, deve riuscire, o, in quelli un po’ più laici, non può fallire, perché se fallisse fallirebbe il Paese. Per l’altro, Renzi e il peggiore dei mali possibili, figlio delle banche, anche massone, giunto lì per congiura di palazzo, e al soldo di imprenditori senza scrupoli (se era per dirci quello, caro Grillo, bastava un post o un collegamento skype; avresti anche inquinato meno, per dire).

Al primo direi: vediamo prima cosa fa, poi lo giudichiamo. Per ora ha fatto il contrario di quello che ha detto (dal sostegno a Letta fino ai modi con cui è giunto al governo), e di certo questo non depone bene. E poi, che significa: se fallisce, fallisce il Paese? Se fosse davvero così alta la posta in gioco, allora il suo azzardo sarebbe stato irresponsabile; a un giocatore simile si vuole affidare il bene comune? Così come non ha senso sostenere che chi è contro di lui è contro il bene dell’Italia, come sembra leggersi fra le righe di molti commentatori. Lui è un capo di governo come lo sono stati gli altri, come lo era Berlusconi, ad esempio. Essere contro significa essere contro il suo progetto politico (se l’avessimo visto) o contro lo schema politico che lo sostiene (e lo stiamo vedendo all’opera dalla fine del 2011), non contro il Paese. Perché, è bene ricordarlo, è Paese anche tutta la fetta di popolazione che non ha votato per quelli che oggi sostengono lui. Che a far due conti e contando quanti ormai hanno smesso di farsi contare, forse sono pure maggioranza.

Al secondo direi: basta con questa storia per cui nulla va mai bene. Perché le differenti possibilità si costruiscono insieme, e nessuno è il male assoluto. Si pecca in opere, certo, ma anche in omissioni, e il sottrarsi continuo, ripetuto e ribadito ad ogni forma di confronto e collaborazione quando si sono chiesti e ottenuti i voti per cambiare il sistema entrandone a far parte è ipocrita: non ha senso l’opzione extraparlamentare se si è inteso, ricercato e voluto l’ingresso in Parlamento.

Oltre il tifo e il malaugurio, però, deve esserci qualcos’altro. E se non c’è va costruito. Perché o ci si rassegna al fatto che questa sia l’unico modo possibile, ed in questa rassegnazione il tifoso e il menagramo sono accomunati, oppure si lavora a pensarne e perseguirne un altro. Che non è detto che si trovi fra le dinamiche della politica attuale, nello schema vigente e nel sistema attualmente rappresentato nelle istituzioni e fra i partiti o i movimenti lì presenti. C’è un intero campo da praticare, quello dell’alternativa, appunto, nelle proposte e nei metodi.

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1 risposta a Oltre il tifo e il malaugurio

  1. Francesca scrive:

    Concordo con il suo punto di vista ma personalmente ritengo che il momento di fare trattative con il rappresentante di un gruppo politico che in un anno ha cambiato tre segretari di partito, la cui idea politica dovrebbe essere invariata, altimenti verrebbe meno alla fiducia dei suoi elettori, sia finito e che le trattative o le alternative, in un momento tanto delicato, non siano contemplabili.

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