La questione si fa ideologica. Finalmente

«Astenersi dal tifo. Se una cosa ci insegna il nuovo giro di montagne russe nella vicenda giudiziaria di Mimmo Lucano è che servirebbe testa fredda. Perché, sia santo o imbroglione, riabilitato cum laude o scaraventato alla sbarra quale presunto capo di una repubblica autonoma di furbacchioni, l’ex sindaco di Riace ha invece il potere di radicalizzare il tema già più divisivo di questi tempi cupi: l’accoglienza dei migranti; avendo fatto del suo paesino sulle montagne calabresi il modello planetario di un sostanzialismo che travalica forme e leggi ed è dunque ontologicamente destinato a osanna o vituperio. Lui stesso del resto si è sempre a suo modo “autodenunciato”, persino nella scelta del proprio eroe d’infanzia, Cosimo ‘U Zoppu, l’antico ciabattino di Riace spesso incarcerato perché, regalando le scarpe ai poveri era “costretto” a rubare ai ricchi per campare». Così Goffredo Buccini, nel suo commento al rinvio a giudizio per il sindaco sospeso di Riace, disposto dal Gup di Locri, Amelia Monteleone.

Ora, però, dove la firma del Corriere si fa scura nelle parole, io quasi mi rassereno. Anzi, mi rallegro. No, non del rinvio a giudizio per Lucano, a cui va tutta la mia stima e solidarietà, ma per il farsi ideologico della vicenda, come sottintende con rammarico Buccini. Perché, infatti, la questione non è da determinare in punta di legge, bensì per ragioni di diritto. Mimmo Lucano, politicamente e moralmente, ha fatto bene o no a cercare un modo per aiutare i migranti, anche con la consapevolezza di poter per questo violare le norme? Di contro, sbaglia Salvini a fermare con durezza gli sbarchi solo perché ciò può costituire un reato in base alle leggi esistenti? Non è forse vero che, pure facesse approvare dalla sua maggioranza delle leggi per rendere ciò lecito (come ha nei fatti compiuto, facendosi “immunizzare” da un voto del parlamento), per chi quel modo e quella visione contrasta, rimarrebbe inaccettabile e da combattere strenuamente il suo comportamento?

Se vira sul piano ideologico, meglio, se ritorna a ciò, la questione ha più senso. Robin Hood, con cui ironizza Buccini, è un ladro o un eroe a seconda che lo si guardi sul piano della legge dello sceriffo (per la quale senz’altro ruba) o del diritto dei poveri a campare (per cui direttamente si spende). E se la scelta è su quel piano, allora è al singolo, a ciascuno di noi che a essa si rapporta, non tanto a un giudice che su questa è chiamato a esprimersi, rimessa la valutazione del giusto.

«Ci hanno insegnato la meraviglia/ verso la gente che ruba il pane/ ora sappiamo che è un delitto/ il non rubare quando si ha fame».

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