Ho visto un pezzo di futuro. Come in un déjà-vu

L’istituto scolastico si chiama Jiangnan, di Hangzhou, in Cina. E sperimentale deve esserlo davvero, almeno da quanto si vede nella foto a corredo dell’articolo di Guido Santevecchi, per Il Corriere della Sera in edicola martedì scorso. In un’aula che altrimenti sembrerebbe non avere nulla di particolare, si vedono una ventina di alunni, seduti ai loro posti, che guardano davanti, verso la cattedra. Tutti con un cerchietto sulla testa.

E la notizia è proprio in quella fascia sulla fronte. Focus 1, si chiama, e le produce una ditta del Massachusetts sostenuta dall’università di Harvard. A cosa serve? A leggere la mente, ovvio. Non scherzo: è in pratica uno scanner per l’attenzione, che dice all’insegnante, con tanto di indicazione su lavagna luminosa, quanti e quali alunni sono attenti alla sua spiegazione. Per migliorare la qualità delle lezioni, spiegano gli ideatori e chi ha deciso di adottarla, e limitare le carenze di apprendimento dovute alle distrazioni che costringono ragazzi e famiglie a sobbarcarsi onerosi e dispendiosi corsi di recupero. E noi ci crediamo, certo.

La società del controllo assoluto, il Panopticon di Jeremy Bentham, non c’entrano nulla. Nulla, ancor di più, c’entra la volontà di punizione del comportamento scorretto, sempre connessa, ci spiegava Foucault, all’ansia della sorveglianza continua insita in ogni organizzazione autoritaria. Per carità, solo pregiudizi figli di qualche libro sommariamente letto e capito meno. Eppure, a me quel futuro mi sa di già visto.

Un déjà-vu distopico, da 1984, diciamo.

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