Aspettando che glielo dica Godot

L’ho già scritto nel post che precede questo: che il centrodestra abbia vinto in Basilicata, mi dispiace molto. Contemporaneamente, la sconfitta del centrosinistra ci sta tutta, era prevedibile e, in un senso non strettamente amministrativo, auspicabile, per non rendere inamovibili alcune filiere che da un quarto di secolo sono innervate con l’essenza stesse delle istituzioni tra il Vulture e il Pollino. Ma che dovessi anche aggiungerci una certa soddisfazione nel sapere non assisa ai piani alti di Viale Verrastro certa approssimazione di sicuro non me l’aspettavo.

Ha pensato a suggerirmela, in meno di quarantott’ore, lo stesso sconfitto candidato pittelliano Carlo Trerotola. A Giuliano Foschini che lo intervistava per La Repubblica, chiedendogli un’opinione, un’analisi della sconfitta che ha visto il centrosinistra schiantarsi a metà dei voti presi la volta precedente, ha infatti risposto: «Guardate, io di queste cose non me ne intendo. Non so dire se il risultato è stato buono oppure no, davvero non so. Io faccio il farmacista, queste cose me le devono dire gli esperti». Al che, il buon giornalista si sarà stupito, continuando a chiedere. Trerotola, invece, non si è scomposto, proseguendo a rispondere in maniera surreale: «Siamo arrivati secondi, comunque. Mi sembra meglio che terzi». A Foschini saranno venute in mente alcune scene di Amici miei, tanto da chiedere a Trerotola se non lo stesse prendendo in giro. Il buon dottore (e a questo punto non so nemmeno io quanto per celia o per convinzione), rassicurante: «Non mi permetterei mai. Ma non so che altro dire», e di nuovo, «io queste cose non le capisco, io faccio il farmacista». At this point, the defense rests.

Potremmo pure sorridere e archiviare questa cosa tra le facezie d’un giorno strano, però temo che invece siano il sentore di qualcosa di più profondo, e per certi versi epocale. Da tempo viviamo nell’era del candidato qualunque, buono a ogni cosa e pronto a dire, senza arrossire, «io di politica non ne capisco». Diamine, ti sei candidato alla presidenza della Regione, non a gestire un dispensario stagionale; come puoi dire che le questioni politiche non sono mestiere tuo perché tu sei farmacista?

Non so, forse come provocazione dadaista potrebbe avere un suo fascino. Magari, funziona anche se la si legge in chiave naïf. O al limite, con un particolare canone letterario, quasi fosse un personaggio di Svevo. Del teatro Pirandelliano, meglio. Anzi, una figura e una scena brechtiana. Che so, tipo due tizi in una sala conferenze: «Abbiamo perso?». «No, siamo secondi; meglio che terzi, giusto». «Giusto, siamo secondi. E che diciamo, del fatto che ora siamo secondi?». «Aspettiamo che ce lo dica Godot». «Già, è vero».

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