Siete maggioranza, fatevene una ragione

«Abbiamo vinto, abbiamo la maggioranza, fatevene una ragione». Tra pleonastiche punteggiature e ardite ortografie, più o meno questo e quello che incontrano le critiche, politiche o di merito, condotte alle mosse dell’esecutivo, soprattutto quando s’incappa nelle varie piattaforme virtuali in qualche sostenitore della parte grillina del sodalizio di governo. Ora, io non so gli altri e non parlo per loro; ma per conto mio, «una ragione», come dicono, me la sono già fatta. Piuttosto, mi pare che quanti fanno parte della maggioranza non abbiano ancora maturato la coscienza d’esser tali, con tutti gli onori e gli oneri che da lì derivano. E allora, ve lo dico io, signori assisi a Palazzo Chigi e relativi ascari e giannizzeri a mezzo social: siete maggioranza, fatevene una ragione.

Smettete quell’atteggiamento astioso nei confronti degli sconfitti; non si addice a dei vincitori. Che piaccia o meno (e a me non piace), «adesso avete voi il potere,/ adesso avete voi supremazia,/ diritto e Polizia,/ gli dèi, i comandamenti ed il dovere». Fatene l’uso che vi aggrada, ma non provate a indossare la veste delle vittime, è fuori luogo. Avete vinto, cos’altro volete? Non era quello che volevate? Non erano quel refolo di dominio e quella parvenza di autorità in luogo dell’autorevolezza che cercavate, tanto da rinnegare le idee di ieri nelle gesta dell’oggi pur di averli? A meno che non vogliate l’unanimità, cosa andate cercando negli attacchi continui ai perdenti, alla sinistra a brandelli, agli intellettuali inascoltati? Non rappresentano più nessuno, lo dite voi stessi; perché schiumate di rabbia verso quei pochi che ancora si ostinano a ricordare parole opposte a quelle, effettivamente maggioritarie, dure e crudeli sparate in faccia agli ultimi e ai perdenti in ogni tweet del vostro nuovo amico e maître à penser Matteo Salvini?

Il dubbio che sia il dissenso ciò che più di ogni cosa voi odiate, in me cresce e fatica a essere ignorato. Perché nulla possono farvi quanti avete battuto nelle urne, ché voi per primi dichiaravate spacciati da tempo. Ancora meno quelli come me, che al massimo ho le poche parole che reggono gli scarsi pensieri di cui sono capace. Salvo, forse, oppormi al potere quando lo vedo realizzare cose che non condivido. Quel potere ora siete voi, e quanto fate non mi piace affatto.

E finché avrò voce, lo dirò.

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