Semplicemente perché non si vota per un governo

Vincerà questo, vincerà quell’altro, non vincerà nessuno. Ecco, nell’ultima frase c’è probabilmente più verità che in tutte le altre ipotesi. No, non perché dalle prossime elezioni potrebbe non uscire nessuna maggioranza chiaramente definibile a bocce ferme, ma semplicemente perché, nel nostro sistema, non si vota per un governo, ma per eleggere un parlamento. E quello, in una composizione o nell’altra, verrà eletto. Il resto, si vedrà.

Non sento la pulsione all’essere governato, di certo per mio limite personale. Però non posso far a meno di segnalare che, a costituzione data, sono i miei rappresentanti quelli che sono chiamato a eleggere, non i miei governanti. E per eleggere quelli voterò, nient’altro che questo. Formatesi le camere, lì si articoleranno le possibili e future maggioranze e minoranze, nella fiducia da concedere a un esecutivo come sui singoli provvedimenti all’esame per l’approvazione. L’ansia a tratti isterica di conoscere la sera delle elezioni il nome del vincitore non mi appartiene. E non ne capisco ragioni e motivi.

E non è affatto, credo, una mia patologia particolare, causata magari da un innamoramento tardivo per la storia e le cronache della Prima Repubblica; guardate a cosa accade in Germania, senza che nessuno, fra le Alpi e il Baltico, dia in escandescenze o preannunci disastri su tutti i fronti, dalla cadute delle borse alla fine dell’ordine mondiale.

In fondo, anche le vicende della Prima Repubblica sono spesso lette sotto la lente di chi sembra non conoscerle. Sì, i governi duravano poco, ma in quegli anni, un Paese ancora arretrato conquistava il vertice delle nazioni che contano, si riusciva a fare la riforma fondiaria, a far entrare la democrazia nelle fabbriche, ad abbassare i tassi di analfabetismo, a rendere universale la sanità, a costruire una rete autostradale e ferroviaria paragonabile con quelle europee, a far diventar dottori i figli dei cafoni e degli operai. Il tutto, con istituzioni e meccanismi non dissimili da quelli attuali.

Ma forse, come sempre, più che del sistema, il problema è nella qualità dei sistemati.

Questa voce è stata pubblicata in libertà di espressione, politica e contrassegnata con , , . Contrassegna il permalink.

Lascia un commento