Tizio, Caio e il «livello personale»

«Ma che piccola storia ignobile mi tocca raccontare, così solita e banale come tante,/ che non merita nemmeno due colonne su un giornale o una musica o parole un po’ rimate,/ che non merita nemmeno l’attenzione della gente, quante cose più importanti hanno da fare», cantava Guccini più di quarant’anni fa. La mia, non so se ignobile, è di sicuro inutile, eppure, è una storia che vorrei ugualmente raccontare, così come me l’ha raccontata uno dei due protagonisti.

Salito in auto dopo il lavoro, a Tizio suonò il telefono. «Pronto». «Pronto, Tizio? Ciao, sono Caio». «Ciao, da quanto tempo. Hai cambiato numero?». «No, il mio ce l’ho ancora; ti sto chiamando da un altro». «Capisco. Dimmi, come va?». «Bene, grazie. Senti, la faccio breve: puoi parlare?». «Sì, sono in macchina, ma ho il “vivavoce”, tranquillo». «Perfetto. Vado subito al sodo; sai che si vota, ovviamente, e so che sei da tempo critico con le politiche del partito». «Appunto». «Certo, ma volevo comunque chiederti una mano, a livello personale, non politico». «Ah, “a livello personale”. E a che piano stava, finora, quel livello?». «Scusa?». «Sai che sono andato via da quasi tre anni, ormai?». «Sì». «Bene. E in questi tre anni non mi hai mai chiamato, e nemmeno hai risposto ai messaggi per gli auguri di buon anno. Parli di “livello personale”; su che piano ponevi fino a ieri quel livello?».

Perché, vedete, votare è anche, se non soprattutto, esprimere fiducia in qualcuno, non solo in qualcosa. E quella, la fiducia, dico, è una cosa un po’ strana, si potrebbe dire, permalosa. Me lo insegnò un anziano delle mie parti (non più fra noi, requiescat in pace) cosa e come sia la fiducia. «Prendi un pugno di sale», mi disse, «e tiralo in aria. Facile, vero? Possono riuscirci tutti. Ora, prova a raccoglierlo».

E voi, amici carissimi, l’avete lanciato in aria da tempo, quel pugno di sale.

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