Come si può pensare che chi ha fatto delle scelte precise possa poi fare anche il loro contrario?

Stando a casa in convalescenza per un piccolo intervento, in questi giorni ho più tempo per leggere i giornali. Purtroppo, i giornali hanno sempre meno spazio per quelle notizie che potrebbero dar ragione a una loro lettura approfondita, pieni come sono di articoli su dichiarazioni, passi indietro o di lato o a zig-zag, quasi fossimo in una triste milonga, senza gli orizzonti aperti delle pampas, retroscena, ricostruzioni, ipotesi riguardanti l’incantato (nel senso di vittima di un sortilegio)  mondo della politica politicante.

E così, ieri mi è capitata davanti l’intervista su la Repubblica con cui Pisapia rispondeva a quella su il Corriere della Sera di Speranza del giorno prima (giuro: il gioco di parole non era voluto). Tra le tante cose, dopo aver ribadito che non sa che farsene di un partito del 3% (nemmeno guidasse la Dc del ’48, e non un movimento che da quella soglia è ancora ben lungi, o come se non avessero avuto grosso modo quelle dimensioni i partiti che lo hanno portato in Parlamento e lanciato nella salita a Palazzo Marino), parlando delle possibilità di alleanza con il Pd nell’ottica di un centrosinistra allargato, ha detto: «qualunque valutazione futura non può prescindere da una vera e propria discontinuità rispetto al passato e da un programma condiviso che vada nella direzione di aiutare chi più ha sofferto la crisi, di tutelare l’ambiente, di una nuova politica sulla casa, di garantire il diritto alla salute e di tanto altro». Che nei fatti significa due cose. La prima, che in quelle direzioni, finora, non si è andato, e non ci è andato chi aveva il potere di farlo. La seconda, che, a parere del leader di Campo Progressista, gli stessi che hanno fatto determinate scelte potrebbero, senza mettere in discussione il proprio personale contributo, fare l’esatto contrario. In pratica, non dimostra alcun rispetto per le convinzioni di chi, in questi anni, ha pensato di fare tutte le cose che ha fatto.

Perché, vedete, al di là di Renzi – campione e vittima di un esacerbato personalismo –, il problema e le questioni sul campo riguardano pure gli altri. Tutti gli altri. Non c’è un Pd di sinistra contrapposto a un Pd di centro, o addirittura a uno di destra. C’è il Pd, con le sue donne e i suoi uomini, che fino a oggi, all’unisono, ha sostenuto, definito e approvato ogni cosa rispetto alla quale, da domani, Pisapia vorrebbe discontinuità. E a dar corpo e forza a quella discontinuità dovrebbero, immagino, essere gli stessi volti e le medesime mani.

A meno, infatti, di non pensare che deputati e senatori del Partito democratico, dato che il grosso dei candidati e dei futuri parlamentari saranno presi dai gruppi attualmente esistenti, siano tanti novelli Fede, per stare a L’Orologio di Levi, che, rispetto alle cose che difendeva, «in fondo al cuore non ci credeva davvero», è lecito supporre che proprio così come le hanno votate volevano che fossero fatte le cose che hanno deciso.

Oppure, dovremmo chiederci perché, senza sussulti, o meglio, con apparente soddisfazione e appagamento, le abbiano accettate. Ma sarebbe una domanda oziosa, buona per chi ha il tempo, e soprattutto la voglia, di cercare di capire per quali motivi qualcuno abbia fatto, in totale e assoluta indipendenza di mandato, le scelte che ha fatto non essendone del tutto convinto o, peggio ancora, immaginando che il giusto potesse stare nel loro opposto.

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1 risposta a Come si può pensare che chi ha fatto delle scelte precise possa poi fare anche il loro contrario?

  1. Italiote scrive:

    A proposito dell’assoluta indipendenza di mandato: sarà apposta la fiducia sull’ultima proposta di legge elettorale.

    Alcuni giuristi considerano tale pratica come contraria al quarto comma del 72 Cost. (obbligo di procedura normale di esame e di approvazione diretta per alcune materie).

    Secondo costante giurisprudenza della C. Cost. sembra invece che la questione di fiducia sia già stata considerata ammissibile in alcuni dei casi contemplati da 72/IV tra cui la delega legislativa (cfr. C. Cost 237/2013).

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