Contro le guerre, sempre

Ci sono luoghi a cui si è affezionati per vari motivi. Perché ci si è vissuto, perché li si è amati, perché ti hanno visto nascere, ci sono nati i tuoi genitori, ci sono emigrati i tuoi avi, perché ci è nato tuo figlio. Fra questi, per me, c’è Seul, e non potrebbe essere diversamente. Così, quando l’altro giorno ho letto una stima degli esperti che, in caso di attacco di Pyongyang anche semplicemente con armi convenzionali, utilizzato gli oltre 13mila fra cannoni e lanciarazzi obsoleti già puntati sulla capitale della Corea del Sud, nel solo primo giorno di conflitto il conto delle vittime sulle sponde del fiume Han potrebbe superare i sessantamila morti, non sono riuscito a pensare ad altro per ore.

Ecco, lo so che le provocazioni di Kim Jong-un sono sempre più insostenibili, capisco il senso della reazione di Moon Jae-in e dei muscoli mostrati con gli F-15 al confine, comprendo il nervosismo di Shinzō Abe e la tensione che deve respirarsi in Giappone dopo aver sentito risuonare le sirene sull’isola di Hokkaido e temo la troppa leggerezza della mano che tiene il potente fucile americano, eppure, come sempre, io sono contro la guerra. Lo dico prima e lo dico in una situazione in cui le responsabilità sembrano, e in buona parte sono, chiaramente attribuibili. Ma in guerra non muoiono mai, o lo fanno troppo tardi, i responsabili; a farlo sono gli altri, quelli che non c’entrano. Ed è per questo che io, ancora una volta, spero di non dover guardare altri lutti velati di ipocriti commenti.

Non riesco a fare a meno, sempre quando ascolto o leggo di tensioni belliche, che riandare con la mente all’alba della prima guerra del Golfo, e agli occhi di mia nonna che si riempirono di lacrime davanti alle immagini di ragazzi (americani, in quel caso) in divisa pronti a partire. Le bastarono pochi fotogrammi, senza sentire il commento, ché già non poteva udire, per ricordarsi del fratello e degli altri partiti per il fronte e mai tornati. «Avevano detto “mai più”», disse con un filo di voce, con le parole di Paolo VI, di cui probabilmente non sapeva, ma con il tono debole, cedendo alla delusione a cui la voce schietta e accorata del Pontefice all’Onu sembrava non dovesse mai condurre.

Per questo, con le parole della nostra Carta, non mi troverete mai dalla parte delle armi e della forza usate per risolvere le controversie internazionali. Perché io ci credo davvero che quella sia la strada a cui si arriva dopo aver sbagliato tutte le altre, ma non mi arrendo a dire che non le si è percorse tutte finché ho e avrò voce per farlo.

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3 risposte a Contro le guerre, sempre

  1. Italiote scrive:

    Far passare un missile attraverso lo spazio aereo di un paese sarebbe un atto di guerra o qualcosa di molto vicino. Nel consiglio di sicurezza dell’ONU c’è ancora chi considera aperta la possibilità di “dialogo senza precondizioni” proprio con l’intento di evitare un conflitto su larga scala.

    Il movente delle condotte nordcoreane però sembrerebbero essere le sanzioni “non missilistiche” contro Pyongyang.

  2. Fabrizio scrive:

    Prima Parte- Vecchio Ordine Mondiale
    -La Cortina di Ferro e il Muro di Berlino-

    Seconda Parte-Nuovo Ordine Mondiale
    -La Nuova Cortina di Ferro e il Muro del Nord-

    Terza Parte- Restyling Ordine Mondiale
    – La Cortina di Sabbia e il Muro della Vergogna-

    Quarta Parte-Grand Restyling Ordine Mondiale
    -La Nuova Cortina di Sabbia e il Muro Canale di Suez

  3. Fabrizio scrive:

    Lo Stretto della Manica e il Tunnel , prima e seconda parte.
    Lo Stretto di Gibilterra e il Tunnel , terza e quarta parte.

    p.s. segue ??

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