Dovreste combattere la povertà, invece odiate i poveri

A pensarci si diventa matti. Insomma, c’è un popolo che ha le sue difficoltà, tante o poche che siano, che si divide in briciole meno di quello che pochi ricchi si pappano da soli ma che non si ribella contro il potere, anzi; chiede a esso che cacci e tenga lontano quelli che stanno peggio di lui, impersonale e unico. Insomma, i penultimi si schierano contro gli ultimi lasciando ai primi la comodità e la sicurezza di godere di tutti quei privilegi da cui, come popolo, appunto, sono esclusi. Non saprei dire se a spingere i molti su questi binari dell’assurdo sia la paura di finire fra gli ultimi essi stessi (cosa che immancabilmente avverrebbe, qualora la guerra agli ultimi avesse di questi ragione), o la speranza di poter essere considerati fra i primi, così come non saprei nemmeno quale delle due ipotesi sia peggiore e più triste.

Però, è un fatto: masse o élites che siano, da questa parte del mondo, più che combattere la povertà, si odiano semplicemente i poveri. Ci pensavo l’altro ieri leggendo (lo so, non dovrei, ma capita anche il brutto a volte) un articolo di Angelo Panebianco, che sulle dittature diceva cose condivisibili come può esserlo il consigliare a qualcuno di coprirsi bene durante una bufera di neve. A un certo punto, ha messo nero su bianco: «è assai frequente che gli autoritarismi, di destra o di sinistra, si facciano carico — con politiche populiste — dei “poveri”, dei descamisados». Le dittature, argomentava la firma del Corriere della Sera, sono peggio delle democrazie (l’avreste detto?), ma sembrava quasi che gli desse fastidio quel loro preoccuparsi dei bisogni dei poveri. Certo, poi giustificava l’eccezione dicendo che, alla lunga, sarebbero stati peggio, eppure era quasi come se si lamentasse del fatto che, così facendo, esse facciano qualcosa che nel pensiero unico del liberismo senza alternative non è dato come ambito del possibile. Insomma, che possano esporre quel verbo al tarlo del dubbio.

In effetti, a guardarla bene, la paura (o almeno quella che tale mi è parso di percepire) di Panebianco non è del tutto ingiustificata. Non lo è per i sostenitori del liberismo, intendo. Perché ponendo mano ad alcune questione e alleviando alcuni problemi, le dittature, fra i mille mali che non mi stancherò mai di denunciare (compreso quando le democrazie ci fanno accordi commerciali, con buona pace dei valori non negoziabili), dimostrano che è possibile farlo, e che solo la volontà di soprassedere alle ragioni degli ultimi ne vieta l’attuazione anche in altri contesti.

Perché io penso che i tiranni siano sempre da abbattere, ma io, come Panebianco, ho la pancia piena. Se dalla fame qualcuno ti porta ad avere un piatto sulla tavola e un tetto sulla testa, allora forse di domande te ne fai di meno. Tranne magari una: per quale motivo le democrazie sedicenti liberali e tutrici dei diritti umani non mi hanno tirato fuori, prima e meglio, dalla miseria in cui mi trovavo?

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